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La sinistra dichiara guerra a Donald Trump: i compagni odiano gli Usa

di Pietro Senaldi giovedì 20 febbraio 2025

4' di lettura

Nella migliore tradizione dell’armiamoci e partite. Da Enrico Letta a Elly Schlein, da Nicola Fratoianni a Giuseppe Conte, la sinistra dichiara guerra, in nome dell’Europa, agli Stati Uniti e pretende che a farla sia Giorgia Meloni. Il campo progressista, largo d’ambizioni e stretto di vedute, prima certifica autonomamente la rottura definitiva tra Bruxelles e Washington, poi chiede alla presidente del Consiglio di andare in Parlamento per spiegare se sta con gli Usa o con la Ue. Sono tempi difficili, siamo a una svolta decisiva, è l’argomentazione, urge un chiarimento.

Davvero singolare la nostra opposizione, anzi unica, visto che quelle, di destra e di sinistra, degli altri 26 Stati membri dell’Unione non hanno di queste pretese nei confronti dei rispettivi governi. A riprova che alla compagnia di giro succitata poco importa dell’interesse dell’Italia, ancora meno di quello dell’Europa: l’obiettivo è solo mettere in difficoltà il premier, pressarlo, costringerlo a sbilanciarsi in un momento particolare, sperare che faccia un errore al quale appenderlo; e dell’interesse nazionale, chi se ne sbatte… Si gioca con il fuoco, nella speranza che scoppi l’incendio.

TRAPPOLONE PER IL GOVERNO
Ci sono tanti piromani. La segretaria dem invita Giorgia a «scegliere tra il cappellino di Donald Trump e la maglietta dell’Europa» e batte i pugni sul tavolo chiedendo la presenza dell’Unione e anche dell’Onu (l’organizzazione dove il Putin invasore, con la democratica Cina, è membro permanente del Consiglio di Sicurezza) alle trattative per la pace in Ucraina. E mentre i suoi rimproverano alla Camera a Meloni «l’improvvida presenza al giuramento di Trump» (Giuseppe Provenzano), Schlein lancia l’ennesimo piano a debito: 800 miliardi all’anno per l’autonomia strategica della Ue. Suggerisce di chiamarlo “Next Generation”, in omaggio alle future generazioni, i nostri figli e nipoti, che dovranno ripagarlo. Al solito, la leader del Pd è debole nelle controproposte: qual è il progetto di pace che l’Europa ha elaborato in questi tre anni, chi ne è il portavoce, con quali forze sul campo è pronta a difendere Kiev, qual è la posizione dei dem e della sinistra in politica estera e sulla guerra? Nonè damenoil suo predecessore al Nazareno, artefice della sconfitta dem del 2018 e di altri disastri: «Trump dev’essere fermato», scrive come membro responsabile degli Istituti Jacques Delors di Parigi, Berlino e Bruxelles (Roma no, ca va sans dire), invocando «una reazioneimmediata» controWashington.

Per l’ex premier «la scelta dell’Unione è tra declino e sopravvivenza». Bel coraggio, considerato quanto, lui e il suo partito, hanno contribuito al declino, assecondando Bruxelles nell’ossessione di regolare tutto, non incentivarelo sviluppo tecnologico e seguire la linea più talebana e filo cinese dell’economia verde a qualsiasi costo, come gli ha rimproverato lo stesso Mario Draghi non più tardi di qualche giorno fa. Per tacere dei progetti progressisti di islamizzazione del Vecchio Continente, pompati dalla cultura woke, in grado di far soccombere la cultura occidentale nella sua culla nel giro di un paio di generazioni. In assoluto testacoda i grillini: anche loro, come i dem, vogliono che il premier attacchi gli Stati Uniti in Parlamento, poi però chiamano tutta l’opposizione a una manifestazione «contro l’Europa della guerra e dell’austerity». Posizione e contraddizioni simili a quelle di Alleanza Verdi e Sinistra. L’onnipresente Nicola Fratoianni da una parte accusa l’Unione di essere andata incontro a «un’impressionante debacle» sul fronte ucraino e ne boccia senza appello la linea tenuta dall’inizio del conflitto, mettendone in dubbio «la capacità di ergersi a protagonista», ma dall’altra chiede a Meloni di ergersi a baluardo contro «l’aggressione al futuro della Ue», che secondo lui, però, si sarebbe messa nei guai da sola. Ma cosa dovrebbe spiegare poi il governo? Se ha qualche dubbio, la sinistra chieda lumi al presidente della Repubblica, di cui si fida ciecamente, e che proprio ieri ha detto che «la posizione dell’Italia è sempre stata chiarissima: rispetto del diritto internazionale e della sovranità di ogni Stato». Meloni peraltro è stata chiarissima: non c’è una scelta alternativa da fare, si sta con gli Usa e con l’Europa, perché senza la collaborazione con l’America l’Europa, come si è visto al tavolo convocato da Emmanuel Macron, è poca cosa; anzi, non esiste.

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GLI INGANNI DI MACRON
Insomma, siamo alle prese con la solita sinistra anti-italiana e filofrancese, che pur di non seguire il centrodestra, si accoda a Parigi,fingendo di non sapere che l’Eliseo non fa gli interessi della Ue, ma di se stesso. Le president ha capito che la leadership di Ursula Von der Leyen è debolissima e che a Bruxelles c’è un vuoto di potere, quindi prova goffamente a occuparlo.Meloni lo sa ed è andata a Parigi a dirgli di no, nell’interesse dell’Italia e dell’Unione, che è chiamata da Trump non a una guerra fratricida transatlantica ma a un esame di maturità. In attesa di aumentare le spese perla difesa militare, per contare l’Europa dovrebbe almeno provare ad avere una posizione univoca. Le improvvisate macroniane dimostrano che non ce l’ha e quindi, se si siede al tavolo della pace, complica le cose. Meloni, con Von der Leyen, è la sola che possa portare Bruxelles a una sintesi. Quanto alla sinistra nostrana, si accodi al perdente Macron, e sarà certa che così non si siederà mai a nessun tavolo di pace.

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