«Nel precedente viaggio in treno c’era anche Draghi». È stato uno dei commenti più usati in queste ore per dire non si sa bene cosa, se non che l’attuale premier Giorgia Meloni fosse lontana da Kiev dove invece erano presenti il presidente francese Emmanuel Macron, col nuovo cancelliere tedesco Friedrich Merz, il britannico Keir Starmer e il polacco Donald Tusk. Secondo la solita sinistra e il solito schieramento di penne, la Meloni sarebbe sostanzialmente irrilevante. Ah sì? E chi sarebbero quelli rilevanti? Onestamente l’analisi è assai sfocata, del resto basta guardare il peso delle leadership in campo per verificare che la sola leader nel pieno delle forze politiche ed elettorali sia Giorgia Meloni. A meno che il peso del popolo sovrano, nella tanto osannata democrazia occidentale, non conti più un tubo.
Emmanuel Macron è un presidente in forte crisi da tempo e, nonostante il suo continuo agitarsi persino nelle ore precedenti il funerale di Papa Francesco con tanto di incontri con Andrea Riccardi (altro che prendersela con questo giornale...), difetta del sostegno dei propri connazionali. Ultimamente Macron anima il dibattito sulla corsa alle armi e per investimenti nel settore dell’intelligenza artificiale o del nucleare perché sa che incasserebbe molti dei fondi messi a disposizione. In poche parole dovremmo indebitarci per fare ricchi i francesi, i quali non mollerebbero la guida delle euro-politiche di Difesa e l’agenda estera. Se così fosse, no grazie; ci basta vedere i guai che hanno combinato i galletti: gli ultimi si registrano in quell’Africa dove le loro ex colonie ribolliscono in continuazione.
Il Macron dunque che si intesta la guida del club dei Volenterosi è un leader che i francesi non vogliono più alla guida del loro Paese e se può permettersi di alzare la cresta è perché i giudici transalpini hanno messo in fuorigioco Marine Le Pen, condannata in primo grado ma estromessa fin da subito dalle cariche eletti ve. A far coppia con Macron c’è il britannico Keir Starmer. Che dire? È stato eletto capo del governo britannico dieci mesi fa e in meno di un anno sta già prendendo scoppole a destra e a manca.
A destra da quel Nigel Farage che pochi giorni fa ha stravinto le elezioni amministrative consentendo al suo nuovo partito Reform Uk di conquistare spazi e seggi, a conferma del fatto che - anche qui smentendo le analisi dei soliti commentatori - i britannici non sono affatto pentiti della Brexit tanto da accordare al suo “campione” ulteriore fiducia. Inoltre Starmer è bersaglio pure all’interno del partito Laburista, cioè il suo, proprio perché cerca di inseguire il fronte di destra sull’immigrazione in una linea contraria ai Labour. Insomma anche Starmer è un leader che se si andasse ora alle elezioni in Gran Bretagna perderebbe.
Quanto a Friedrich Merz, c’è ben poco da dire: ha già parlato il parlamento tedesco pochi giorni fa, consegnando il nome del neo Cancelliere alla storia della Germania nel senso che non era mai capitato che il vincitore delle elezioni subisse l’onta della bocciatura al primo voto. Ecco, Merz c’è riuscito, pertanto la sua debolezza è agli atti. La legislatura si annuncia difficile e punzecchiata da quell’Afd su cui, come nel caso della Francia, sono già intervenuti i giudici per arginare il successo di popolo del partito di Alice Weidel.
Tutta questa carrellata era doverosa per pesare politicamente al di là delle photo opportunity il club dei Volenterosi: com’è possibile immaginare un’azione condotta da capi di governo o di Stato nel caso di Macron logori o zoppi? Non si può. Né si può dire che lo facciano in nome dell’Europa dal momento che Londra non è nell’Ue. Per chiudere, forse sarebbe meglio se si riconoscesse che il governo italiano di centrodestra oltre a non aver mai messo in dubbio l’appoggio a Kiev, pesa ed estrometterlo sarebbe un errore grave. Non fosse altro anche per le relazioni con quel Donald Trump altro pezzo fondamentale per arrivare alla mediazione di pace.