È il giorno della mobilitazione: attori, registi, «quasi 100 lavoratori dello spettacolo», firmano una lettera aperta indirizzata - serebbe meglio dire “contro” - il ministro della Cultura, Alessandro Giuli. Super sintesi: «La situazione lavorativa e produttiva del cinema italiano» è «indubbiamente in crisi» e la colpa è del governo di Giorgia Meloni. In primis a causa della contestata «riforma del tax credit», che ha provocato «una crisi di sistema» che negli ultimi due anni «ha colpito molte produzioni».
Numeri smentiti dal centrodestra. Fatto sta che va in onda il grande classico: l’intellighènzia di sinistra, orfana del governo amico, che parte a testa bassa contro l’esecutivo che addirittura si permette, sacrilegio, di rendere “pan per focaccia” all’attore-militante Elio Germano. Lui sì libero, invece, di polemizzare con Giuli nella cerimonia peri David di Donatello nella cornice istituzionale del Quirinale. «Si fermino le polemiche pretestuose e gli attacchi inaccettabili a chi democraticamente ha mosso critiche all’operato del ministero, come il nostro collega Elio Germano e la nostra collega Geppi Cucciari», scrivono i «quasi 100» volti noti del cinema.
La prima di Libero? FdI spiana la sinistra
"Continuate pure a ricorrere a comici e attori, tanto gli italiani sanno da che parte stare": Fratelli d'I...Nella lista dei firmatari ci sono i “pezzi da novanta” del grande schermo. Registi come Marco Bellocchio, Maura Delpero, Nanni Moretti, Gabriele Salvatores, Paolo Sorrentino, Gianni Amelio, Ferzan Ozpetek, Paola Cortellesi. Attori come Pierfrancesco Favino, Fabrizio Gifuni, Valerio Mastandrea, Margherita Buy, Adriano Giannini, Michele Riondino, Beppe Fiorello e Valeria Golino. Invece di battibeccare con i colleghi, il ministro «incontri quanto prima le associazioni che uniscono e rappresentano attori, autori e tecnici ascoltando le richieste urgenti che da mesi promuovono». Immancabile la frase sulla «cultura e la democrazia italiana» che «non possono essere piegate a interessi di parte».
Questo non vale, però, se gli «interessi di parte» sono quelli di sinistra. Anche ieri, ad esempio, esponenti dell’opposizione hanno fatto da cassa di risonanza ad attori e registi. «L’industria cinematografica italiana sta attraversando una crisi profonda, e le responsabilità del governo Meloni sono evidenti», ha detto Irene Manzi, capogruppo del Pd in commissione Cultura alla Camera. Nicola Fratoianni, uno dei leader di Avs, ha addirittura definito «un grave scandalo» il fatto che «il ministro della Cultura tratti nel modo in cui abbiamo visto il dissenso». Ossia l’attore Germano.
Elly Schlein allo sbando: il Pd si affida ai comici, tutti i nomi
Un capo, diceva Napoleone, è un commerciante di speranza. Elly rischia il fallimento, ed è inspiegabile ch...«Parliamo degli stessi attori, registi e sceneggiatori che per anni hanno monopolizzato fondi pubblici e palinsesti televisivi», ha replicato alla lettera aperta delle star il vicecapogruppo a Palazzo Madama di Fratelli d’Italia, Raffaele Speranzon. Il governo, ha rivendicato a proposito della riforma del tax credit, «ha il merito di aver rotto un meccanismo stagnante e clientelare: quello dei contributi a pioggia distribuiti a prescindere da qualità e risultati». Poi Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura della Camera (pure lui di FdI), smentisce i «ritardi» di cui alla lettera di attori e registi: «Sulle domande pervenute al 28 febbraio, ne rimangono da lavorare 18. Su 535. Rispetto all’epoca Franceschini (il predecessore di Giuli al ministero della Cultura, ndr) ci sono meno ritardi. In Italia, al momento, sono attivi ben 40 set».
La nota dei «quasi 100» esce mentre Giuli è a Bruxelles, per il Consiglio Ue della cultura. Il ministro invita l’Unione europea a «essere più ambiziosa» e a «lanciare strumenti di finanziamento innovativi», come il tax credit europeo. Da piazza del Collegio romano filtra sconcerto per la missiva. E dalla maggioranza si grida allo «squadrismo cinematografico». Soprattutto perché il discorso del ministro sul Colle, il 7 maggio, era stato di apertura. Discorso cui replicò duramente Germano («chi ha attaccato chi?»). E poi c’è una contraddizione: da una parte le star accusano il titolare della Cultura, di fatto, di essere anti-democratico, dall’altra lo pressano per un incontro.