Fratelli d’Italia nasce dalla storia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. «Figli di quegli eroi e di quegli esempi». Giorgia Meloni ha sempre detto di aver iniziato a fare politica proprio dopo la morte di Paolo Borsellino, il magistrato ucciso per mano della mafia.
Ieri, in un convegno a Caivano, in cui si è ricordato il 33esimo anniversario della strage di Capaci, Arianna Meloni ha ripreso quel ricordo, elevandolo a memoria collettiva, facendone l’origine ideale del partito in cui le e la sorella militano: Fratelli d'Italia, ha detto, «è figlio dell’esempio di Falcone e Borsellino». Arianna Meloni, ora a capo della segreteria politica di Fratelli d’Italia, ha pronunciato queste parole in occasione dell'evento organizzato da Fratelli d’Italia nella Villa Falcone e Borsellino a Caivano, comune in provincia di Napoli più volte al centro di fatti di cronaca. Il titolo dell’iniziativa era: «Il coraggio di cambiare». La sorella della premier ha spiegato che «gli anni successivi alla strage di Capaci erano gli anni della corruzione. E noi decidemmo che il nostro impegno sarebbe stato quello di consegnare, attraverso l’azione politica, un mondo migliore per i nostri figli, basato sulla legalità e la politica sana».
Ha ricordato l’estate del 1992, quella durante la quale l’Italia fu scossa dalla morte, a breve distanza, prima di Falcone, poi di Borsellino: «Vedere le immagini della strage di Capaci e di via D’Amelio», ha detto, «fecero scattare in noi qualcosa: non potevamo restare a guardare. La politica in quel momento non dava un bell'esempio, erano gli anni di Tangentopoli. Immagino» ha aggiunto, «che (i magistrati Falcone e Borsellino, ndr) avessero paura». Ma «hanno scelto di combattere la paura, perché loro volevano combattere la mafia. Hanno scelto la comunità, le persone. Figli di quegli eroi e di quegli esempi, è nato questo percorso. Più o meno è partito tutto da lì».
Falcone e Borsellino, dunque, nell’immaginario Pantheon di FdI. E la legalità come missione originaria attorno a cui il partito è nato. Arianna Meloni ha quindi accennato alle azioni fatte in questi quasi tre anni dall’esecutivo per contrastare la criminalità. «Siamo stati i primi», ha rivendicato, «che hanno parlato di mafia nigeriana, che hanno lanciato anche un appello internazionale per combattere i trafficanti di esseri umani. Grazie al governo Meloni sono state inasprite le pene per chi collabora con i mafiosi, per i corrotti. Uno dei primi provvedimenti del governo è stato difendere il carcere ostativo, mentre qualcuno della sinistra preferiva andare a trovare i mafiosi in carcere».
Accenno alla polemica sul 41bis e l’anarchico Cospito, che ha visto coinvolti anche Delmastro e Donzelli. «Un mafioso che non collabora con la giustizia non può avere gli stessi diritti di un altro detenuto», ha detto. E «sono stati» anche «inflitti grandi colpi alla criminalità organizzata».
Ha poi ricordato il decreto che prende il nome da Caivano, comune tristemente noto per fatti criminali, annunciando che ne è in arrivo un altro: «È arrivata la concretezza dei fatti. Il modello Caivano, del quale andiamo orgogliosi, rappresenta la luce nelle tenebre. C’erano le tenebre in queste zone ed è arrivata un po’ di luce. Questo modello lo vogliamo portare in tutti i quartieri abbandonati in Italia: abbiamo un altro decreto pronto su questo tema».
Infine, si è rivolta «alle Rosy Bindi di turno» dicendo: «meno salotti, venga qui a vedere che cosa ha fatto il governo di Giorgia Meloni». Il riferimento è all'ex presidente della commissione Antimafia, Bindi, che nei giorni scorsi aveva espresso «solidarietà» a Roberto Saviano dopo un post di FdI che lo chiamava in causa polemicamente («Chi ha usato questi metodi», aveva commentato Bindi, «oggi non combatte certo la mafia, forse in qualche modo la affianca»).