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Il Ramelli di sinistra ignorato dalla sinistra

Il caso Alberto Brasili: i compagni sono talmente impegnati ad attaccare i morti altrui che finiscono per scordare i loro
di Alberto Busacca martedì 27 maggio 2025

3' di lettura

Che strana questa sinistra. È talmente impegnata ad attaccare i morti altrui che finisce per scordare i suoi. Un doppio errore e un doppio autogol... Insomma, a cinquant’anni dalla sua morte, Sergio Ramelli, militante del Fronte della gioventù ucciso da estremisti di sinistra, continua ad occupare le prime pagine dei giornali. Sabato Ignazio La Russa, presidente del Senato, ha proposto di dedicargli una scuola, magari proprio la sua, quell’istituto Molinari di Milano da cui Sergio è dovuto scappare per sfuggire alle violenze dei compagni. Domenica il sindaco Beppe Sala ha risposto di no: Ramelli è divisivo. Replica di La Russa: si usano due pesi e due misure. Controreplica di ieri di Sala: «Il centrodestra, prima di Pisapia e me, ha governato a lungo Milano, si svegliano adesso con la richiesta?».

SERGIO E ALBERTO

Già, in questi mesi di Sergio Ramelli si è parlato moltissimo. I convegni, i cinque volumi arrivati sugli scaffali delle librerie, il francobollo con il suo volto e le immancabili polemiche perle richieste in vari comuni di dedicargli strade e giardini. E invece... e invece c’è un altro ragazzo di cui domenica ricorrevano i cinquant’anni dalla morte. Un ragazzo che con Sergio Ramelli condivideva molte cose: non aveva ancora vent’anni, viveva a Milano, aveva una fidanzata e aveva le sue idee politiche... solo che le sue, a differenza di quelle di Sergio, erano idee di sinistra... Entrambi, poi, per le idee in cui credevano sono stati uccisi.

Stiamo parlando di Alberto Brasili, 19 anni, come detto simpatizzante di sinistra ma senza una vera militanza alle spalle. Alberto è stato ucciso il 25 maggio 1975, a Milano, vicino a Piazza San Babila, accoltellato insieme alla fidanzata da un gruppo di estremisti di destra. La sua colpa? Indossava un eskimo, un paio di jeans, portava la barba e i capelli lunghi. E poi, si è detto, aveva staccato un adesivo del Msi. Si poteva morire per così poco, cinquant’anni fa...

ANNIVERSARIO

Ma torniamo a oggi. Domenica ricorreva il mezzo secolo esatto da quei fatti. Però l’anniversario è passato quasi inosservato. Il sindaco Beppe Sala è andato alla commemorazione e tutto è finito lì. Nessun altro ha parlato di lui. Il suo nome, anche a Milano, non dice più niente quasi a nessuno. La sua storia viene ricordata da qualche appassionato dei film poliziotteschi degli anni Settanta soltanto perché ha ispirato la pellicola “San Babila ore 20: un delitto inutile”, diretta da Carlo Lizzani e uscita nel 1976. Non un capolavoro, in realtà, anche a detta dei critici Paolo Mereghetti (che gli dà due stelle) e Morando Morandini (che gliene dà appena una e mezza). «Il film», spiega Morandini, citato da Wikipedia, «funziona male a tutti i livelli: la messa a fuoco delle motivazioni psicologiche è approssimativa, la struttura narrativa è artificiale per eccesso di accumulazione, nessuno dei ragazzi (attori non professionisti), sia pure con le facce giuste, diventa personaggio».

La morte di Brasili non riguarda solo la sinistra, certo, ma forse da sinistra qualcuno avrebbe potuto spendere meno tempo per attaccare Ramelli e utilizzarlo per organizzare qualcosa in memoria di Alberto. E se in un consiglio comunale fosse arrivata la proposta di dedicargli una via o un giardino? C’è da scommettere che nessuno, a destra, avrebbe detto che Alberto Brasili è un personaggio divisivo...

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