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Il professore anti-Meloni cosa può insegnare ai ragazzi in classe?

Prima le sparate poi il tentato suicidio: perché la storia di Stefano Addeo deve inquietare l'Italia
di Daniele Capezzone martedì 3 giugno 2025

3' di lettura

Nell’era della “likecrazia” può finire così, con un confine sempre più sottile tra farsa e tragedia, una barriera di cartapesta tra violenza fatta e violenza autoinflitta, tra coraggio bullesco (prima) e paura bambinesca (poi). Lo dico con franchezza: non mi era piaciuto per niente, dopo il misfatto della prima uscita social (l’aver augurato alla figlia di Giorgia Meloni una sorte simile a quella della povera Martina Carbonaro) la reazione del professor Stefano Addeo, il 65enne docente di tedesco che si era abbandonato a una patetica intervista su Repubblica (ieri mattina) e poi a una lettera strappalacrime alla stessa presidente del Consiglio (ieri pomeriggio).

C’era tutto il repertorio più appiccicoso proprio di certi drammoni italiani: la cieca di Sorrento, la muta di Portici, lo smemorato di Collegno. La cosa era resa peraltro fastidiosamente non credibile perché lo sciagurato era recidivo, avendo precedentemente auspicato per i figli di Matteo Salvini e Antonio Tajani lo stesso destino dei bambini palestinesi.

E la sequenza di risibili scuse messe in fila dal Prof erano perfino imbarazzanti. Materiale francamente offensivo dell’intelligenza di tutti: della nostra e pure della sua. Sintetizzo la prima scusa tratta dall’intervista a Rep: non sono stato io, ma è stata l’intelligenza artificiale. Seconda scusa: sono «animalista» e «vegetariano». Terza scusa: «Accudisco mia madre novantenne». Quarta scusa: «In un incendio due anni fa è morto mio padre». Gran finale: «Abbraccerei Meloni e piangerei con lei». Insomma, la solita farsa per cui pare che tutto in Italia debba finire così, tra mamme anziane, lutti, abbracci e lacrimoni.

Stefano Addeo, sospeso il professore anti-Meloni

Il professore Stefano Addeo che ha augurato alla figlia di Giorgia Meloni la "stessa fine di Martina Carbonaro"...

L’intervista a Repubblica era resa ancora più surreale dal passaggio finale: «Auguro alla figlia (ndr: della Meloni) le migliori fortune, consigliandole di essere attenta ai social». Tutto francamente assurdo: l’odiatore che mette in guardia, l’hater che gentilmente consiglia, l’hooligan che si fa maestro di bon ton.

Dopo di che, nel tardo pomeriggio di ieri, la farsa stava per assumere i contorni della tragedia, con la notizia del tentato suicidio del Prof, a seguito dell’assunzione di barbiturici e alcool. È finita bene, nel senso che il docente non è mai stato in pericolo di vita, per quanto abbia a lungo rifiutato (pare) di sottoporsi a una lavanda gastrica.

Ma - in tutta onestà - restano i dubbi sull’equilibrio psicologico di chi per mestiere avrebbe dovuto e dovrebbe aiutare degli adolescenti ad affrontare le difficoltà della vita. Stiamo parlando di un uomo di 65 anni, mica di un ragazzino: prima spavaldo nell’offendere, e poi - par di capire - sinceramente terrorizzato dalle conseguenze della sua azione. Mettiamola così: è andata bene, e speriamo che questa persona - adesso abbia l’assistenza di cui ha bisogno.

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Ho fatto un brutto sogno... andavo a prendere mio figlio a scuola e mi guardava stralunato, «sai, papi, il profess...

Ieri sera ci ha fatto tenerezza? Ovviamente sì, ma anche un po’ di rabbia, ammettiamolo. Ora infatti risparmiamoci i pistolotti sulle ondate social che (in questo caso in reazione alla prima sparata del docente) possono scatenarsi spaventando chi fino a poco prima si era vergognosamente comportato da bullo: tutte cose che conosciamo fin troppo bene.

E nessuno si azzardi a rovesciare la frittata con le solite balle sulla “fasciosfera”, buttandola miseramente in politica. Qui il lanciatore di fango è stato il Prof, e ad essere colpita una ragazzina “colpevole” di essere figlia della Meloni. E lo stesso è accaduto per i figli e le figlie dei ministri Salvini e Piantedosi.

Il punto è dunque un altro, insieme più grave e molto più semplice: se serviva una prova del fatto che il docente non era il soggetto più equilibrato e soprattutto più adatto all’educazione di ragazze e ragazzi, queste assurde 72 ore hanno offerto una chiara dimostrazione al riguardo. 

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