Possono tranquillamente soprassedere. Di che e di chi parliamo? Dell’attività a cui – ci informa Repubblica – si sta dedicando in queste ore il dinamico quartetto Schlein-Conte-Bonelli-Fratoianni: ovvero «limare la scaletta degli interventi» previsti per la manifestazione di sabato 7 ottobre. E perché possono tranquillamente soprassedere? Perché, una volta che avrà preso la parola la campionessa che è stata già formalmente invitata, cioè Rula Jebreal, tutti gli altri interventi – per evidenti ragioni – risulteranno inutili o nella migliore delle ipotesi neutralizzati.
Cosa vuoi dire di ragionevole, di equilibrato, di minimamente ispirato al dialogo e alla comprensione reciproca, quando – poco prima o poco dopo – prenderà la parola l’autrice di un libro dal titolo Genocidio?
Così, sbam: Israele, lo stato di Israele, reso non solo oggetto di un legittimo dissenso, di una critica politica, ma di un’accusa assoluta, radicale, senza possibile redenzione. Cito fior da fiore dal testo di presentazione del volume: «Dopo una vita trascorsa a interrogarmi, personalmente e professionalmente, su come il mondo abbia potuto permettere catastrofi come l’Olocausto, ho trovato la risposta tra le macerie nella mia terra martoriata, a migliaia di chilometri di distanza dai campi di sterminio europei». E già si parte così: un doppio accostamento dei fatti di oggi all’Olocausto, cioè alla scientifica eliminazione degli ebrei pianificata dal nazismo, e ai luoghi di quella soluzione finale, cioè i campi di sterminio.
La Jebreal – senza girarci intorno – ci fa capire che ora Israele starebbe più o meno facendo qualcosa di analogo o di paragonabile. Ridiamole la parola: «Scrivo questo libro perché il genocidio di Gaza mi ha cambiata nel profondo. Ha rivelato il vuoto morale e politico di un mondo che riduce l’umanità a una gerarchia di morte. Scrivo affinché nessuno, in futuro, possa dire di non sapere o che non poteva sapere. Scrivo nella speranza che ci sia ancora tempo per fermare l'espansione del genocidio coloniale di Israele in tutta la Palestina». Qui il sostantivo (genocidio) si accompagna a un aggettivo (coloniale). Quindi il fatto che i presunti responsabili del genocidio (gli israeliani) portino aiuti alla popolazione palestinese, che accettino il cessate il fuoco, che siano una democrazia, sono evidentemente elementi poco o per nulla rilevanti. Così come – all’opposto – il fatto che i terroristi di Hamas abbiano, ben al di là del pogrom del 7 ottobre, l’obiettivo preciso dell’eliminazione di Israele. Di più: che siano determinati a sacrificare la loro stessa gente (non a caso, non protetta nei rifugi e nei tunnel). O che non rilascino gli ostaggi israeliani.
Gran finale: «Scrivo perché le mie parole possano aiutare a impedire che il genocidio di Gaza diventi una dottrina da esportare nel resto del mondo, un modello da applicare ogni volta che il potere decida di avere ragione della ragione, minacciando la sicurezza e l’esistenza dell’umanità stessa». E qui si vola: siamo già all’esportazione del genocidio, a Israele che – più o meno dolosamente – offrirebbe al mondo come modello quello della eliminazione dei palestinesi.
Ora chi scrive è da sempre per il free speech totale. Mai ho chiesto e mai chiederei la censura verso chicchessia, anche verso i portatori di tesi che considero aberranti. Dunque, dal mio (irrilevante) punto di vista, Rula Jebreal può dire ciò che vuole e dove vuole.
Resta però la domanda di partenza: dopo che avrà detto queste cose, gli altri – quelli ipoteticamente più ragionevoli – che parleranno a fare? Per non dire (non si offendano) di quelli che, patetici per buona fede, avevano raccomandato alla loro parte, cioè alla sinistra, di non assumere toni violentemente anti-israeliani. O – ancora – delle anime belle che hanno preannunciato la loro presenza sia alla manifestazione del 7 giugno sia a quella del giorno prima promossa – con piattaforma politica e culturale diversa – da Renzi e Calenda. Ecco: tutti costoro che andranno a fare a Piazza San Giovanni dove, di tutta evidenza, sarà Rula Jebreal a suggerire le parole e la musica, a dettare i toni e i tempi? Il grido sarà quello (“genocidio”), l’attacco contro Israele assoluto e radicale. E gli altri? Potranno solo applaudire oppure sottomettersi silenziosamente. Auguri a loro: ne hanno tremendamente bisogno, e nemmeno se ne rendono conto.