Parte oggi la due giorni di manifestazioni pro-Gaza, ma la sinistra è in pieno psicodramma. La paura riguarda soprattutto il raduno di piazza di sabato organizzato da Pd, M5S e Avs. La presenza di alcuni relatori border line hanno fatto scattare il timore che dal palco possano scaturire discorsi dal sapore antisemita. A far temere gli organizzatori - che infatti stanno ancora valutando il da farsi - è la partecipazione della giornalista palestinese Rula Jebreal, autrice di un libro sul tema dal titolo “Genocido”... Per questo da giorni Elly Schlein si prodiga nel chiarire agli alleati i contorni della manifestazioni e i limiti da non superare. Impresa difficile, visto che anche ieri non sono mancate scintille targate Cinquestelle e Alleanza Verdi-Sinistra.
Prima di Roma, però, ci sarà la manifestazione a Milano indetta da Azione e Italia Viva, che si sono dissociati da quella romana perché «nella piattaforma non si parla apertamente di condanna ad Hamas». Gli altri pariti di sinistra hanno provato a minimizzare la spaccatura e parlano comunque di «opposizione unita» e di «appuntamenti che sono complementari e non in contrapposizione». Ma a ben guardare è piuttosto chiaro che il pensiero sul Medioriente di Renzi e Calenda è assai distante da quello di Conte, Bonelli e Fratoianni. Tanto che molti esponenti della corrente progressista del Pd saranno presenti anche a Milano. Al Parenti all’appuntamento dal titolo “Due popoli, due Stati, un destino” ci saranno anche l’ex ostaggio Aviva Siegel e il dissidente palestinese Hamza Howidy. Nonostante un approccio più morbido alla questione Gaza, ieri Calenda è stato oggetto di un duro attacco da parte della Comunità ebraica Milanese. A finire nel mirino di Davide Romano e Alessandro Litta Modigliani è il fatto che «non sono assolutamente accettabili le equivalenze tra il premier israeliano ed Hamas, che troppo spesso vengono ripetute, soprattutto da Calenda. Paragonare una democrazia a un gruppo terroristico è un grave errore». Per questo organizzeranno un si-in fuori dal Teatro Parenti. Sorpreso dalla polemica Daniele Nahum, consigliere comunale di Azione e plenipotenziario di Calenda a Milano: «Trovo paradossale questo attacco da parte della Brigata Ebraica», ricordando come «oltre al cessate il fuoco sottolineeremo con forza la responsabilità di Hamas».
Ecco, Hamas, una parola che nella manifestazione di sabato a Roma sembra avere lo stesso effetto della criptonite. In tutte le dichiarazioni degli esponenti politici di ieri l’organizzazione terroristica non è stata mai citata nelle dichiarazioni ufficiali. Questo a sottolineare l’imbarazzo e la cautela con la quale si cerca di tenere assieme l’ammucchiata di sinistra. Da un lato c’è Elly Schlein che spiega: «Ci siamo assunti la responsabilità di convocare questa piazza spinti dalla grande richiesta di mobilitazione che attraversa la società italiana, indignata dal massacro di civili palestinesi e dai crimini del governo di estrema destra di Benjamin Netanyahu. La gestiremo, la presidieremo, la proteggeremo». L’attacco del 7 ottobre di Hamas? Dimenticato. E chi se lo ricorda, come Giuseppe Conte, lo “minimizza” definendolo «tragedia orrenda», ma nulla a che vedere con la reazione di Israele che «da 18 mesi sta compiendo un genocidio. Siam oltre la violazione del diritto, siamo di fronte a uno scempio dell’umanità». Poi però, rivolgendosi ad Azione e Italia Viva, precisa: «Dicono che loro sono contro l’antisemitismo? Lo sono anche io, lo siamo tutti. Nessuno mi può insegnare qualcosa su questo fronte». Sempre dal Movimento Cinquestelle arriva anche l’iniziativa del Consiglio regionale del Lazio che con una mozione chiede alla giunta di «interrompere ogni tipo di accordo o partenariato con Israele», perché «continuare a intrattenere relazioni istituzionali con chi è accusato di crimini internazionali gravi equivale a una forma di complicità».
Anche Bonelli e Fratoianni, alla faccia degli appelli della Schlein, ci fanno giù pesante: «La grande manifestazione servirà a chiedere la fine del genocidio a Gaza e in Cisgiordania, portato avanti dal governo di estrema destra guidato da Netanyahu». Poi spiegano di essere stati i primi a «denunciare in parlamento genocidio, apartheid e pulizia etnica». Alla faccia della moderazione. Speriamo che a Roma gli antagonisti che fanno sempre da contorno a queste manifestazioni risparmino auto e vetrine.