Il Pd ha accusato Giorgia Meloni per la scelta annunciata di recarsi al seggio e non ritirare le schede: prende in giro gli italiani, hanno sentenziato i dem dall’indignazione facile. Ma loro, che vorrebbero accelerare con il quinto quesito referendario l’iter della cittadinanza per oltre due milioni e mezzo di cittadini extracomunitari, ci tengono davvero ad aiutare come dicono questi italiani “a metà”?
A osservare come vanno le cose al Comune di Roma non si direbbe. Anzi si ricava un’impressione contraria.
Perché chi ha ricevuto l’agognata cittadinanza per recarsi agli uffici comunali dove dovrà giurare fedeltà alla Costituzione italiana e alle leggi della Repubblica deve aspettare altri sei mesi. Chiaro? Il Comune guidato dal dem Roberto Gualtieri di fatto allunga di un ulteriore mezzo anno l’iter per ottenere la cittadinanza di chi ne ha già diritto. E mentre ciò accade la leader del Pd Elly Schlein se ne va in giro con l’aureola predicando l’accoglienza pro-immigrati. È giusto – dicono i promotori del referendum - che gli extracomunitari residenti in Italia diventino cittadini italiani dopo 5 anni e non più 10 come previsto dalla legge. Ma andiamo più nel dettaglio di questa faccenda che ha davvero dell’incredibile. Com’è noto per l’acquisizione della cittadinanza italiana per “residenza” occorrono dieci anni per presentare la domanda e 2-3 anni per avere il decreto di conferimento dal Prefetto della provincia di Residenza.
Per acquisire la cittadinanza per “matrimonio” con un cittadino o cittadina italiana si può presentare la domanda a due anni dalle nozze e occorrono altri due anni per avere il decreto di conferimento. I promotori del referendum mirano ad accorciare i tempi: da 10 a 5 anni per poter presentare la domanda di cittadinanza per “residenza”. Il decreto di conferimento emesso dal Prefetto ha effetto dal giorno successivo alla prestazione del giuramento di fedeltà alla Repubblica presso il proprio Comune di residenza. La legge (articolo 10 della legge 5 febbraio 1992, n. 91) specifica che l’interessato deve prestare giuramento entro sei mesi dalla notifica del decreto medesimo, pena la perdita di validità dello stesso.
E che fa il Comune di Roma? Per la sua carente organizzazione interna fissa l’appuntamento per il giuramento soltanto in prossimità della scadenza. In pratica allunga i tempi di sei mesi perché ci sarebbe carenza di personale e le domande sono troppe. Ma se davvero ci tengono ai nuovi italiani perché non mettere un numero maggiore di addetti? In questo modo entro un mese al massimo si potrebbero dare risposte a coloro che hanno già ottenuto la cittadinanza perché rispettano i requisiti previsti dalla legge ma devono solo completare il percorso con il giuramento. E se sono troppi e il Comune non ce la fa a stare dietro agli appuntamenti ciò non fa che confermare una verità sottaciuta e cioè che l’Italia è uno dei paesi Ue che concede più cittadinanze (circa 200mila l’anno). E se la Capitale sta messa così male con le domande dei nuovi cittadini italiani cosa accadrebbe se i tempi si accorciassero di cinque anni? Due milioni e mezzo di immigrati potranno fare domanda e magari fare i ricongiungimenti. Un caos burocratico di enormi proporzioni. Senza contare l’effetto che una vittoria del Sì al referendum comporterebbe sull’aumento della pressione migratoria che già mette a dura prova le strutture di accoglienza.