Libero ha compiuto 25 anni e in questo quarto di secolo non ha mai avuto dubbi sulla sua collocazione. Noi sappiamo da che parte stare, è un punto fermo, dichiarato dalla nostra testata. Siamo impegnati ogni giorno sul fronte della libertà.
Il 18 luglio del 2000, il nostro quotidiano si presentò come una voce unica, originale, non conformista, con un linguaggio nuovo e il coraggio di sostenere idee scomode, lontane dalle rassicuranti ambiguità del giornalismo ciclostilato. Quando Al Qaeda colpì il cuore dell’America, fummo dalla parte giusta della storia, senza cambiare mai idea, senza dimenticare e perdonare, ecco perché 24 anni dopo siamo sempre quelli che non hanno paura di chiamare le cose con il loro nome, ecco perché sosteniamo Israele e il popolo ebraico, il suo diritto a esistere, ecco perché l’azione militare contro il progetto nucleare dell’Iran va appoggiata. Questo è il vero progetto di genocidio.
Benjamin Netanyahu è un leader di guerra: colpito e quasi affondato dalla strage degli ebrei del 7 ottobre 2023, si è rialzato e guida la nazione nella caccia alle mani insanguinate di Hamas e dei loro complici che dura da 617 giorni, una battaglia contro tutti i nemici che vogliono cancellare lo Stato di Israele e l’intero popolo ebraico dalla faccia della terra. Le guerre sono orrore e errore, sacrificio e peso immane da sostenere, scelta sempre tragica, ma Netanyahu sta vincendo perché riconosce il rischio esistenziale, sa che deve affrontarlo e non attenderlo, ogni giorno che passa, il ticchettio della Bomba diventa più forte. È la terza volta nella storia che Israele sventa il rischio atomico in Medio Oriente: nel 1981 nell’Iraq di Saddam Hussein bombardò un reattore nucleare; fece lo stesso in Siria nel 2007, oggi tocca all’Iran. Dovremmo essere grati a Israele, invece sentiamo le urla degli antisemiti.
Non è storia, è il presente; non sono fatti lontani, accadono a poche migliaia di chilometri da Roma e Milano, a portata di missile iraniano, come mostra il grafico che pubblichiamo sulla nostra prima pagina.
Quella di Teheran è una minaccia concreta alla nostra vita. Come ha scritto Amit Segal su The Free Press: «Netanyahu vuole distruggere il programma nucleare iraniano; l’ayatollah Khamenei vuole distruggere Israele». La neutralità in questa partita a scacchi con la morte non è possibile, diventa ignavia, irresponsabilità, bandiera bianca.
Teheran ha violato gli accordi presi con la comunità internazionale per evitare l’uso militare della tecnologia nucleare, ha ingannato tutti e sta arricchendo uranio oltre ogni limite. Basterebbero un paio di bombe atomiche per spazzare via Israele, realizzare il sogno degli islamisti, un altro Olocausto. Finora non si è realizzato solo perché Israele ha un eccezionale esercito composto da uomini e donne pronti al sacrificio estremo, ma con la bomba atomica nelle mani degli ayatollah la possibilità della distruzione di una nazione, del suo intero popolo, diventerebbe reale. Israele ha deciso l’attacco preventivo perché riconosce il pericolo, ha la lucidità, il coraggio, la determinazione per agire prima che sia troppo tardi. Mentre lo fa, ripara i danni fatti dalle amministrazioni americane dei democratici (Obama e Biden) che hanno coltivato l’illusione di un accordo con Teheran senza l’uso della forza. Una diplomazia senza artigli finisce per soccombere, la storia della Seconda guerra mondiale parla chiaro solo a chi vuol sentire, non agli utili idioti di Hamas che affollano le piazze e condannano Gerusalemme mentre il nemico è alle porte.
Israele ha tutto quello che manca all’Europa per evitare la resa alla violenza del jihad islamista, il senso storico e la volontà non di sopravvivere, ma di vivere pienamente, nel regno della libertà, nella democrazia, l’unica del Medio Oriente. Quando durante la preghiera del venerdì l’ayatollah Ali Khamenei si fece fotografare mentre accarezzava la canna del fucile, cullava il sogno della caduta di Gerusalemme, l’inizio della fine dell’Occidente, un punto di non ritorno. Quella era l’immagine dell’imminente fallimento di ogni negoziato con Teheran, poi sono arrivati i fatti sconvolgenti, la scoperta della Grande Bugia sugli obiettivi reali del regime, l’allarme dell’Agenzia atomica internazionale sull’eccezionale arricchimento dell’uranio che non poteva più essere un programma per scopi civili. Era la preparazione dello sterminio di massa.
Israele è circondato da nemici che lo attaccano su tutti i lati, via mare, cielo, terra. Netanyahu in due anni di conflitto ha cambiato lo scenario del Medio Oriente e contro questo nemico multiforme, la strategia è stata quella di tagliare le teste dell’Idra islamista: i terroristi di Hamas sono sconfitti, mentre l’utile idiota occidentale fa di tutto per concedere ai tagliagole di continuare a governare Gaza con l’assassinio; Hezbollah in Libano è stato piegato e Beirut ha la possibilità di uscire dall’incubo fondamentalista creato da Hassan Nasrallah (eliminato) e dalle sue milizie (decimate); in Siria, il regime di Assad è caduto, il sovrano dell’orrore è in esilio in Russia, un fantasma; la teocrazia iraniana pensava di poter guadagnare tempo e costruire la bomba, ma ora trema e il sistema di potere dei capi religiosi e dei pasdaran sembra vicino all’implosione. La storia non procede mai in linea retta, può fare grandi balzi in avanti o tornare rapidamente indietro, ma Netanyahu ha rotto lo “status quo” del terrore e messo in moto la storia.
La stiamo vivendo, accade ora, mentre scrivo gli iraniani hanno lanciato centinaia di missili contro Israele, gli ebrei sono nei loro rifugi, l’esercito sta intercettando la pioggia di fuoco. La nostra pace, quella conquistata con la guerra 80 anni fa, è nelle mani di Israele, la nostra patria è quella bandiera con la stella di David.