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Dove nasce l’invidia della sinistra per Bezos

Le proteste contro il matrimonio a Venezia svelano la verità: un mix di ideologia e pregiudizi
di Annalisa Terranova sabato 28 giugno 2025

3' di lettura

Le nozze Bezos-Sanchez non piacciono alla sinistra radicale, agli ecoattivisti che fanno poche docce, ai paladini dei migranti pronti a accogliere tutti, proprio tutti, ma non i miliardari per carità. Il ricco ha lo stigma del peccato laico dello sfruttamento. Si chiama residuato di lotta di classe: lotta di chi non ha capito che i proletari non odiano Jeff Bezos ma vorrebbero essere come lui.

Se il magnate si sposa a Venezia scatta il dilemma etico. Lo stesso che viene disinvoltamente bypassato quando si tratta di difendere il regime iraniano che carcera e ammazza le donne perché in fondo gli ayatollah sono sempre meglio di Trump. Certa sinistra (non tutta per fortuna) è fatta così, pronta a entusiasmarsi per ogni sigla che abbia un bel NO davanti. No tav, no space Bezos, no carbone, no gas, no war. No a tutto ciò che abbia un minimo a che fare col progresso.

Quant’è bello lo stato di natura, invece, quella metafora filosofica inesistente in realtà che Rousseau inventò per propalare la pericolosa idea che l’uomo in fondo è buono, abbraccia gli alberi e ripudia la guerra.

Tutto questo armamentario si è trasferito in questi giorni a Venezia. Città, si dice, talmente bella e famosa che anche senza il patron di Amazon continuerebbe ad essere bella e famosa. Senonché questi che protestano non volevano neanche il Mose, che sta salvando l’illustre Serenissima dall’acqua alta. Ignorano poi che Venezia è sempre stata mèta ambita dai nobili, popolarissima tra i miliardari, tappa immancabile del viaggio in Italia dei rampolli dell’alta borghesia europea, di letterati e scrittori, cineasti e artisti. «Immagine ricca, singolare, unica» ebbe a scrivere Goethe nel suo «Viaggio in Italia».

E allora, perché vietare questa visione a Bezos, alla sua futura sposa e agli ospiti del sontuoso matrimonio in Laguna? Bè, intanto perché Bezos, al pari di Musk, ha cambiato parrocchia, abbandonando l’arcipelago dem per sostenere Trump. Un altro peccato, oltre a quello della ricchezza, che a sinistra non viene perdonato.
Dice il ministro Santanchè che il matrimonio porterà a Venezia la considerevole somma di 957 milioni di euro. Mentre il banchetto nuziale avrà ricadute anche sulla Campania per la scelta del menù dove saranno serviti spaghetti con zucchine fritte. Che orrore, che schifo per i militanti di Extinction rebellion che però non hanno disdegnato i finanziamenti della nipote del petroliere J. Paul Getty.

E ora scambiano il megaparty di Bezos per il banchetto che a Versailles scatenò la marcia rivoluzionaria delle scalmanate banchiste dei mercati di Parigi (i soldati della guardia reale avevano infatti calpestato la coccarda simbolo della Rivoluzione).

Il ricco è tollerato, ma se sta dalla parte giusta. Come Richard Gere contro Salvini, per intenderci. Altrimenti si scalda l’anima da Robin Hood della sinistra più utopista e anche la più agiata L’arte è di tutti e la bellezza non si compra e non si vende: giusto. Ma ci piacerebbe sapere quanti di questi attivisti non hanno mai ricevuto un pacchetto da Amazon (non è sconcertante il silenzio sulle condizioni dei lavoratori del marchio?) e quanti di loro sanno che un modello di crescita più verde non farà altro che portare ad uno sfruttamento più intensivo dei metalli rari determinando un impatto ambientale ancora più intenso di quello determinato dall’estrazione del petrolio e del carbone. Ma in realtà anche i ribelli hanno usato Venezia come palcoscenico per darsi visibilità, senza pensare ai danni e alle ricadute delle loro azioni (canali chiusi e disagi dei residenti moltiplicati per le misure di sicurezza).

Sono o no del resto gli eredi dei disobbedienti che scaricarono letame davanti a Palazzo Grazioli nel 2003? Quindici chili di cacca biologica – dissero quelli dei centri sociali – ma che puzzava lo stesso e non produsse i fiori evocati nelle rime di De André.

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