Giuli, schiaffo alla sinistra: "Prima di noi Cinecittà era l'Unione sovietica"

di Tommaso Montesanolunedì 7 luglio 2025
Giuli, schiaffo alla sinistra: "Prima di noi Cinecittà era l'Unione sovietica"

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«Ma la gestione di una legge è di chi la fa o di chi la governa?». Con queste parole - il giorno dopo l’affondo di Giorgia Meloni sull’«ignobile scandalo» dei fondi per il cinema «che finivano ai soliti noti col portafoglio pieno e le sale vuote» - Gaetano Amato, deputato del Movimento 5 stelle e componente della commissione Cultura, rigira la frittata. «La legge Franceschini è stata governata dalla sottosegretaria alla Cultura Lucia Borgonzoni (della Lega, ndr) e dal direttore della direzione generale Cinema e audiovisivo Nicola Borrelli, che si è dimesso», scrive in una nota il deputato del partito di Giuseppe Conte.

Insomma, non è bastato tra i tanti- l’esempio fatto dalla premier del film I Cassamortari di Claudio Amendola, «incasso di 490 euro nelle sale, 1.250.000 euro di sostegno pubblico» - per far cambiare idea ai partiti del “campo largo” sulla riforma degli aiuti al settore del grande schermo. «Sono loro (Borgonzoni e Borrelli, ndr) che negli ultimi 8 anni hanno governato il cinema italiano», dice Amato. La legge sul tax credit «di fatto hanno continuato a gestirla Borgonzoni e Borrelli. Anche per i colleghi della maggioranza non dovrebbe essere difficile da capire», conclude il grillino. Parole che seguono quelle pronunciate nei giorni del “caso Kaufmann” - il regista accusato di aver ucciso la moglie e la figlia a villa Doria Pamphili, a Roma - dal dem Matteo Orfini, anche lui componente della commissione cultura della Camera: «Semmai c’è un tema di incapacità di vigilanza della struttura del ministero».

I NUMERI DI FDI

Immediata la replica di Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura della Camera e responsabile nazionale cultura e innovazione di Fratelli d’Italia: «Grazie al governo di Giorgia Meloni abbiamo messo fine ad elusioni fiscali e truffe». Insomma, avanti tutta con la riforma del settore: «L’azione riformatrice del ministro Giuli e del Parlamento sul cinema intende attuare una modifica radicale del sistema. Come Fratelli d’Italia stiamo presentando una proposta di legge sulla riforma della governance di questo comparto». E non sarà la «cortina fumogena» alzata da una «piccola nicchia di attori politicizzati» che parla di «una crisi del settore cinema che- come dicono i dati - non esiste», a cambiare le carte in tavola. Sull’assegnazione degli stanziamenti, a maggio Mollicone aveva rivelato che «sulle domande pervenute al 28 febbraio» ne rimanevano «da lavorare 18, su 535».

Meloni, il film nel mirino: "Mai più casi come 'I Cassamortari'"

La premier, Giorgia Meloni, ha ribadito la determinazione del governo nel riformare il sistema di finanziamenti pubblici...

Sabato la premier Meloni è tornata a rivendicare la scelta di affrontare il “dossier cinema”: «Sul caso dei fondi pubblici al cinema, il governo intende andare fino in fondo. È arrivato il momento di mettere la parola fine a sprechi, anomalie e irregolarità». Partendo da casi come Kaufmann, la premier ha ricordato come solo negli ultimi otto anni il “sistema cinema” sia costato allo Stato circa sette miliardi di euro. È l’antipasto di quanto avverrà in serata, quando Giuli- dalla kermesse di Fratelli d’Italia a Roma- smentendo i toni lugubri dell’opposizione ricorderà che mai come ora Cinecittà è in attività: «Fino al 15 agosto 2024 era un cratere estivo», mentre oggi «è piena di produzioni». Studios, peraltro, finalmente liberati dall’oppressione: «Prima del nostro intervento, Cinecittà era come l’Unione Sovietica: burocrazia asfissiante, lentezze, fondi Pnrr fermi. Ora è rinata».

Anche in questo caso dal M5s c’è stata una levata di scudi. «Prendere come esempio casi isolati e puntare il dito contro una dotazione vitale per il cinema è pericoloso e rischia di minare decine di migliaia di posti di lavoro», ha reagito Vincenza Aloisio, senatrice pentastellata. Le parole di Meloni, ha aggiunto, distolgono l’attenzione «dal vero cuore del problema: la cattiva gestione. Il vero problema non è il tax credit, la verità è che il ministero della Cultura continua a essere diretto da dilettanti allo sbaraglio. Se vogliamo tutelare il cinema, dobbiamo riformare i meccanismi di selezione e di controllo». Nessuna autocritica sull’impiego dei soldi pubblici.
 

BATTAGLIA LEGALE

Intanto il Comitato nazionale cinema, che sull’onda del “caso Kaufmann” si era riservato «iniziative, anche legali, contro il malcostume» sui contributi al cinema, ha annunciato di aver «incaricato un collegio di legali per fare luce sui contributi pubblici erogati per opere mai realizzate». Il Comitato ha dato mandato ad un collegio di avvocati di «studiare e preparare una dettagliata denuncia contro quanti direttamente e indirettamente hanno partecipato alle elargizioni di contributi a film mai realizzati creando un vero e proprio danno erariale al bilancio della cosa pubblica».