«Non c’è stato nessun respingimento, solo un incontro annullato perché i libici si sono risentiti per un eccesso di zelo da parte della delegazione dell’Unione Europea, ma l’incidente, seppure serio, non minerà i nostri rapporti di collaborazione ormai avviati da tempo. Gli appassionati dell’immigrazione incontrollata, che in queste ore si compiacciono per l’accaduto, sbagliano». Queste le parole di Matteo Piantedosi per spiegare quanto avvenuto martedì a Bengasi, in Cirenaica, che ha fatto esultare molti leader dell’opposizione e gonfiato i tromboni della stampa d’area progressista. Cos’è successo? L’Unione Europea aveva organizzato una missione, con il Commissario agli Affari Interni e alle Immigrazioni, Magnus Brunner, e i ministri dell’Interno di Italia, Grecia e Malta nelle due Libie, quella occidentale, la Tripolitania, guidata da Abdul Dbeibah, e la Cirenaica, quella orientale, dove comanda Khalifa Haftar. Le Libie sono due da che il Nobel per la Pace, Barack Obama, con l’aiuto del condannato per corruzione, Nicholas Sarkozy, e la benedizione, tra gli altri, dell’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano (Pd), hanno pensato di ribaltare il regime di Gheddafi, selvaggiamente trucidato senza processo, per instaurare la democrazia.
LA MISSIONE
La prima Libia è riconosciuta dalle Nazioni Unite e ha mantenuto ottimi rapporti con l’Italia. La seconda è un regime non riconosciuto dall’Onu e vicino alla Turchia e alla Russia, che hanno comunque il merito di averla liberata dai tagliagole dell’Isis. La missione di martedì aveva il compito di fare il punto sul controllo dell’immigrazione clandestina. A Tripoli è andato tutto bene, ma quando la delegazione è atterrata a Bengasi c’è stato un incidente diplomatico. L’ambasciatore Ue in Libia, l’italiano Nicola Orlando, non gradiva la presenza nel gruppo d’accoglienza cirenaico del ministro dell’Interno e di quello degli Esteri di Haftar. Ne è nata una discussione e l’incontro è saltato. Orlando era l’inviato speciale in Libia per la Farnesina quando il ministro degli Esteri era Luigi Di Maio e ha ottenuto l’ambasciata a Tripoli dalla prima presidenza di Ursula Von der Leyen, quella retta dalla maggioranza di centrosinistra con l’appoggio dei grillini. La stessa che ha nominato proprio Di Maio inviato speciale della Ue nel Golfo Persico, dopo che il voto degli italiani l’aveva cacciato dal Parlamento, non perdonandogli di aver spaccato M5S per sostenere il governo di Mario Draghi.
Come si vede, un contesto in cui l’attuale maggioranza di governo italiana c’entra nulla e l’unica cosa che si può rimproverarle è essersi mossa nel quadro di un’azione organizzata dall’Unione, ma questo non può essere erto una colpa, specie agli occhi della sinistra, che non perde occasione per accusare questo governo di essere sovranista. Eppure, la lettura dei giornali di sinistra di ieri era straniante. Il mondo all’incontrario, direbbe qualcuno. “Schiaffo dalla Libia. Respinto Piantedosi. L’accusa: ingresso illegale”, titolava Repubblica. “Il pasticcio della visita a Bengasi. Piantedosi respinto dalla Libia”, gioiva il Domani di Carlo De Benedetti. Perfino il Corriere della Sera non è riuscito a trattenersi: “Respinto il ministro. Incidente con le autorità della Cirenaica”. E poi via con le dichiarazioni a briglia sciolta dei leader dell’opposizione. Conte: «Che paradosso, abbiamo violato il diritto internazionale per liberare Almasri e poi un nostro ministro viene respinto dalla Libia». Al leader grillino sfugge che Almasri sta con il governo di Tripoli e non con quello di Bengasi, con cui è in guerra. Si riappacifichi con Di Maio per prendere da lui ripetizioni di geografia e storia.
LE SPARATE DEI PROGRESSISTI
«Ma non era un Paese sicuro? Piantedosi torna a casa mentre in centinaia finiranno nelle mani dei torturatori tentando di raggiungere le nostre coste», si chiede Riccardo Magi di +Europa. Chi ha capito il senso della dichiarazione, lo voti pure. La sua prosa e la sua logica spiegano perché raccoglie percentuali da prefisso telefonico. «Un appassionato di respingimenti che viene respinto per ingresso illegale», sorride giuliva ClarabElly Schlein. Confonde i reati con le missioni diplomatiche. Non è un buon biglietto da visita per chi si candida a Palazzo Chigi; d’altronde la strana politica estera europea del suo Pd la dice lunga. Morale: la contraerea progressista è in servizio permanente contro il governo. Quando non ha bombe da tirare, spara ad alzo zero molliche di pane. Pensa di far male all’avversario, in realtà squalifica se stessa. Gli unici danni che fa sono all’Italia, ma siccome nella stanza dei bottoni non c’è lei, non le importa, anzi ci gode.