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Giorgia Meloni come Giorgio Almirante: le comuni radici nell’arte

Almirante veniva da una famiglia di teatranti e la nonna della Meloni era attrice: un passato che spiega l'abilità nel misurarsi con la gente
di Annalisa Terranova martedì 22 luglio 2025

3' di lettura

Una famiglia di attori, dove l’arte a un certo punto prende la via della politica in uno dei discendenti, destinato ad avere un ruolo nella storia dei partiti italiani: parliamo di Giorgio Almirante, famoso rampollo di illustri teatranti. Una genealogia che un altro Almirante, Pasquale, ha voluto raccontare in un libro appena uscito per Marsilio: Da Pasquale a Giorgio Almirante, storia di una famiglia d’arte. Le origine appaiono romanzesche: siamo attorno al 1814 quando un altro Pasquale, figlio di un possidente dell’Andalusia, in seguito a un duello con il conte Lorenzo Duero è costretto a lasciare la Spagna per Palermo. Qui si fa scritturare da una compagnia teatrale e s’innamora di Elisabetta Quintavalle. Insieme avranno otto figli ai quali non mancò la passione per il palcoscenico. Tra i discendenti infatti vi fu la diva Italia Almirante Manzini che farà parlare di sé il mondo intero grazie soprattutto al film di Giovanni Pastrone, Cabiria, del 1914, sceneggiatura di d’Annunzio. Il cugino Mario, padre di Giorgio Almirante, uno dei più acuti registi del cinema muto, la diresse nel film L’arzigogolo di Sem Benelli. Mario fu a sua volta anche famoso per la direzione del doppiaggio cimentandosi, tra gli altri, con i film di Disney Dumbo e Peter Pan.

Il fratello Luigi Almirante fu celebre attore di teatro: interpretò il “padre” al debutto dei Sei personaggi di Pirandello al Valle di Roma. Cosa ereditò Giorgio Almirante dalla sua famiglia di creativi? «Figlio d’arte», sottolinea Pasquale Almirante nel suo libro, «amava il suo pubblico e come il più sapiente degli attori sapeva pure che per riempire i teatri delle piazze italiane, dove esibiva la sua straordinaria oratoria, occorreva rivolgersi al cuore di ciascuno spettatore». Di sicuro chi lo ascoltava una volta ne restava colpito, per i giochi persuasivi di parole ma anche per le capacità di resistenza. Il 16 gennaio del 1971 parlò in aula alla Camera per nove ore e un quarto, superando tutti i record e surclassando tutti coloro che avevano provato a competere con la sua forbita oratoria. Il tema era lo statuto del Trentino Alto-Adige. Lo ricorda Jader Jacobelli, il giornalista Rai famoso per il suo ruolo di moderatore nelle Tribune politiche di quegli anni: «I suoi discorsi erano sempre un richiamo per i resoconti, non soltanto perché erano di un leader, ma per la sua oratoria torrenziale, dialettica, serrata, colorita, protratta, qualche volta, a fini ostruzionistici, fino allo spasimo».

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È singolare che Giorgia Meloni, che certo non lo eguaglia in capacità oratoria, abbia come il carismatico capo del Msi una parentela legata alle origini familiari. Anche Giorgia è figlia d’arte infatti: la nonna paterna era Zoe Incrocci, famosa caratterista degli anni Cinquanta e doppiatrice (sua la voce di una delle elefantesse in Dumbo, stesso film in cui lavorò Mario Almirante). Zoe era inoltre sorella di Agenore Incrocci che in coppia con Furio Scarpelli ha firmato le sceneggiature più note della commedia all’italiana. Giorgio e Giorgia dunque in qualche modo uniti dall’attitudine a entrare in sintonia col proprio pubblico. Con più solennità Almirante, con una certa verve comica Meloni, come quando si è nascosta in aula la testa sotto la giacca mentre le opposizioni la attaccavano o ancora quando ha coniato lo slogan che l’ha resa popolarissima sulla rete: «Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono cristiana...».

Ma la più riuscita fu senz’altro la gag all’assemblea programmatica di Milano di FdI nel maggio 2022. Nel discorso di chiusura rispose con una mimica di trenta secondi ai nostalgici dell’antifascismo. Strappando applausi e risate. Partì riferendo di una domanda di un giornalista: «Scusi quella maglietta scura è un omaggio alle camicie nere?». Poi, la recita: Meloni allarga le braccia, strabuzza gli occhi, si mette le mani in testa, le agita, unite, come a dire: «Ma de che?». Esprime stupore, sconcerto, sarcasmo, meritandosi addirittura il paragone con il grande Gigi Proietti. Almirante, chissà, anche lui l’avrebbe applaudita.

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