A volte ritornano. E quest’anno sembrano essere più scatenati che mai. Sono quelli della “decrescita felice”, i pauperisti populisti da strapazzo che non riuscendo a stare loro sulle passerelle, puntano a strappare lo stesso l’applauso del popolino (a loro dire incazzato) che invece di sognare e volare col pensiero nel bel mezzo delle nozze da sogno veneziane di Jeff Bezos, delle sfilate di moda di Gucci sull’Oltrarno fiorentino o di quelle in stile grande impero di Dolce & Gabbana, andate in scena nei giorni scorsi a Roma con lo sfondo dei fori imperiali, del Vaticano e di via Veneto, dovrebbero - secondo loro - dar retta ai loro livorosi deliri.
Soggettoni dai profili antropologici particolari, borghesi sessantottardi, un po’ neo-gretini cresciuti a pane e ideologia, un po’ infelici tifosi di un’Italia (non si sa come) più povera e più bella.
L’indice e il sopracciglio sollevati, in questo caso, sono quelli di Tomaso Montanari, storico dell’arte che, dalle colonne de Il Fatto quotidiano, se l’è presa con l’assessore capitolino Alessandro Onorato, accusato in poche righe non solo di essere un voltagabbana ma anche troppo fan degli stilisti Dolce & Gabbana che – altro che omaggio e promozione delle bellezze di Roma in tutto il mondo! - sarebbero autori di una occupazione manu militari del centro città. Col delegato ai grandi eventi colpevole di aver acconsentito con entusiasmo alla “privatizzazione” di spazi e monumenti pubblici, trasformati nientemeno che in “acquari per ricchi” con i poveri (insomma...) residenti messi alla porta dalle loro case o costretti al massimo a riprendere tanta privata ricchezza dall’alto. Qualcosa da cui trasuda «il tanfo della decomposizione dell’idea stessa di città».
Meglio, di sicuro, le periferie che (Gualtieri dixit) «fanno schifo» e sono un «monumento alla bruttezza». Evidentemente sì, secondo Montanari, erettosi di fatto a portabandiera delle idee di quei tipi umani che sono i poraccisti. Seguendo la loro linea di pensiero, infatti, ce la dovremmo prendere ogni giorno con i tanti registi- oltre che con gli stilisti - che continuano a scegliere il palcoscenico capitolino (né più né meno di quanto hanno fatto Dolce & Gabbana) come set del loro sogno d’arte. Ultimo a vincere un Oscar giovandosi delle meraviglie dell’Urbe è stato Paolo Sorrentino, regista de La grande bellezza di cui l’editoriale parla, esaltando, però, solo la critica alla decadenza sociale presente nel film.
Montanari & Co. (che si riempiono la bocca con saccenti anglicismi come overtourism) avranno sentito parlare del bellissimo fenomeno che è il cineturismo? Qualcosa che non si può solo buttare come marcio effetto del consumismo, perché ha a che fare con i sogni delle persone comuni, desiderose di diventare protagoniste di foto da sogno e scene viste e riviste sugli schermi. Questo proprio grazie alla “polvere di stelle” lasciata dai film o dalle moderne sfilate di moda.
Ma forse, secondo questi novelli estensori di un francescanesimo laico, sarebbe meglio lasciare il centro di Roma solo ai virgulti della loro sinistra ideologia che, con fumogeni e bandiere rosse, quella grande bellezza la affumicano, lasciando come ricordo solo il puzzo di bruciato e i brandelli delle bandiere di nazioni alleate come Usa e Israele, fatte passare come nemiche di una civiltà, la nostra, occidentale, viva e splendente anche grazie a cinema e moda, che loro intendono oscurare. Scusateci allora se tutta la vita continueremo a gridare convinti: aridatece Dolce & Gabbana!