La coppia non piace alla gente che piace. Elly Schlein e Giuseppe Conte sono da due anni i promessi sposi di un matrimonio sul quale in tanti hanno da ridire. Da quando è esploso il caso Marche, con l’inchiesta per corruzione che coinvolge il candidato del campo largo, Matteo Ricci, non passa giorno senza che un raffinato analista si esibisca in un elenco delle ragioni per cui l’unione non s’ha da fare. Marco Travaglio, il grande influencer dei grillini, ha scritto ripetutamente che sostenere un indagato di quel tipo sarebbe un suicidio per i suoi beniamini.
Per una volta il direttore del Fatto Quotidiano è d’accordo con la grande stampa progressista, che lui sbeffeggia per professione. Sui giornali è tempo di retroscena sulle ambizioni di Giuseppi a sgambettare Elly, facendola perdere nelle Marche per farle perdere poi il partito e presentarsi quindi a tutte le sinistre come l’unico credibile sfidante di Giorgia Meloni, in vista Politiche 2027. D’altronde, nell’ottica dell’avvocato pugliese, il candidato grillino Roberto Fico in Campania è sacrificabile, casomai il suo passo indietro ad Ancona dovesse far saltare tutta l’alleanza per le Regionali. Certo è più sacrificabile l’ex presidente della Camera del rapporto di assistenza che l’ex premier ha con Travaglio.
Il fatto è che nessuno sa se Conte alla fine spaccherà il campo largo sul caso Marche, per il semplice fatto che al momento non lo sa neppure lui. Per ora è più no che sì, ma quella verso Ricci è una fiducia d’ufficio. Finché l’impianto accusatorio resta quello emerso, va bene, però l’ex premier teme che la situazione del candidato del campo largo possa complicarsi dopo l’interrogatorio di mercoledì prossimo. In tal caso, restare potrebbe essere più difficile che rompere. Quindi il fidanzamento al momento tiene, ma richiede sforzi quotidiani. Sono cambiati i tempi e ora è lei la cacciatrice e lui la preda. La leader del Pd non perde occasione per inviare rose e fare dichiarazioni d’amore al capo di M5S. L’avvocato però fa il prezioso, pone condizioni, ostenta scarso entusiasmo, flirta anche con i rivali della Nazarena, come in Campania con il governatore uscente, Vincenzo De Luca. La segretaria dem tuttavia è una corteggiatrice tenace. Anche ieri è arrivato il suo appello: «Siamo al lavoro per chiudere alleanze competitive e inclusive nelle Regioni per battere le destre. Dialoghiamo per tenere insieme tutti».
La Nazarena fa bene a spendersi, perché più d’uno nel Pd non ragiona poi tanto diversamente dal leader pentastellato ed è pronto con la bottiglia di champagne, da stappare casomai egli annunciasse che lascia ancora una volta i dem da soli. Far fuori Schlein è un potenziale collante del campo largo che Elly sogna. Certo, rompere l’alleanza giallorossa sarebbe un suicidio per il leader di M5S, se davvero egli, come si dice, sogna un ritorno a Palazzo Chigi, perché la sinistra può vincere solo se unisce tutti, ma proprio tutti. Però mancano ancora due anni, se si strappa oggi c’è tempo per ricucire, magari con una figura a guida del Pd meno simile a quella di Conte e in attesa di una possibile nuova legge elettorale.
Tra i dem c’è la convinzione che, qualsiasi cosa dovesse decidere nelle Marche il leader di M5S adesso, la scelta definitiva sul campo largo la farà solo in prossimità delle Politiche: se la sinistra avrà una possibilità concreta di vittoria, e quindi di garantirgli un incarico molto pesante al governo o in Parlamento, l’accordo si troverà, con Schlein o con chiunque nel frattempo l’abbia sostituita alla segreteria. Scenari troppo lontani, conviene rifocalizzarsi sulle Marche, in particolare sulla procura di Pesaro, città dove Ricci è stato apprezzato sindaco. La vicenda è nota: il Comune ha dato appalti senza gara attraverso due associazioni gestite da fedelissimi dell’ex sindaco, che lui ha voluto fortemente e che ora ripudia. I magistrati parlano di corruzione, per lucrare consenso con i soldi pubblici a carico del candidato governatore, per mettersi in tasca anche qualche centinaio di migliaia di euro per quel che riguarda i suoi ex fidati.
A cambiare il quadro, e spingere Conte a lasciare il tavolo, potrebbe essere qualche novità. Ricci ha detto di non occuparsi degli affidi nella sua città, e non è una gran difesa per un sindaco vantarsi di disinteressarsi di come viene amministrato il denaro pubblico. Però una cosa il candidato governatore non può negare: le lettere con le quali chiedeva agli imprenditori locali di sponsorizzare eventi e opere: gradito contributo volontario, minimo quarantamila euro, era il tenore della richiesta. In quanti hanno versato? E quanti soldi sono stati effettivamente raccolti? È avanzato qualche quattrino dai lavori, e in tal caso, dov’è finito o a cosa è servito? Sono le domande che oggi probabilmente i magistrati faranno a Massimiliano Santini, l’alter ego di Ricci per gli eventi e alle quali non ha voluto rispondere, sabato, Stefano Esposto, l’altro uomo di fiducia del sindaco, presidente delle due associazioni che gestivano tutto. Conte aspetta, dubbioso se i conti del suo candidato torneranno.