Guerra aperta a Giorgia Meloni e governo. Dopo la richiesta dell'autorizzazione a procedere per il sottosegretario Alfredo Mantovano, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e quella di archiviazione per il premier, a opporsi è Lam Magok Biel Ruei. Lui, del Sud Sudan, aveva denunciato il presidente del Consiglio e mezzo governo per favoreggiamento nel "caso Almasri" e ora rincara la dose. Tramite il suo legale fa sapere che la loro battaglia non finisce qui.
"Un'archiviazione non è un provvedimento definitivo, può sempre essere rimessa in discussione se intervengono elementi di novità, e le parole di ieri con cui Meloni ha rivendicato una scelta concordata con i ministri del suo governo giuridicamente sono una confessione", ha detto in conferenza stampa Francesco Romeo.
E ancora: "In questa vicenda ci sono reati che sono perseguibili di ufficio quindi, alla luce di quanto detto dalla Meloni, ci aspettiamo che la Procura di Roma riapra le indagini nei confronti della presidente del Consiglio. Non sarà sufficiente evocare l'atto politico per salvarsi dall'azione penale, anche perché in questo senso c'è una sentenza della Corte Costituzionale". Romeo ha anche detto di aver chiesto "per la terza volta di poter vedere gli atti. La legge prevede che gli interessati possano visionare le carte ma finora mi è stato sempre opposto rifiuto, sostenendo che Lam non è indagato né persona offesa, ma persona danneggiata dal reato. Se Meloni è convinta di aver fatto tutto bene, allora lei e i ministri possono affrontare serenamente il processo".
Magok aveva denunciato Meloni riferendo di aver subito dal militare libico - rilasciato dal governo e rimpatriato - varie torture. Eppure, come scritto da Libero mesi fa, l'Italia ha fatto molto per il giovane. Il sudsudanese ha ottenuto la protezione sussidiaria, aiuti economici e anche un lavoro.