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Sinistra, il dilemma dei compagni: vogliono fare la guerra a Putin senza le armi

I progressisti vogliono fare la guerra a Putin. Però senza mettere mano al portafogli per gli arsenali: un equivoco da cui non riescono a uscire
di Alberto Busacca venerdì 12 settembre 2025

3' di lettura

La sinistra vuole fare la guerra a Putin. Però non vuole spendere soldi per le armi. Un equivoco da cui i compagni non riescono proprio a uscire. Viene in mente quella vecchia canzone di Vasco, ricordate? «Non ci si può rilassare», cantava il signor Rossi, «i russi possono arrivare a ogni ora». Poi: «E se ci portano via le armi, come facciamo la guerra, dimmi... coi bastoni?». Già, se la guerra è imminente, come sostenere i progressisti, bisognerebbe prepararsi. E invece... «Quello che è accaduto in Polonia è gravissimo e le parole del presidente Mattarella sono un monitor molto inquietante ma anche molto preciso», ha detto ieri Nicola Fratoianni, di Avs, nel corso di Agorà su Rai3. «Ciò a cui stiamo assistendo», ha aggiunto, «è il frutto avvelenato del naufragio del diritto internazionale.
Quando salta per aria il sistema delle regole, l'unica regola che resta in campo è quella del più forte. E quando quella è l'unica regola il rischio della guerra è concreto». Insomma, dobbiamo stare attenti.

Però, ha spiegato subito dopo Fratoianni, l'ipotesi di armarsi non va presa nemmeno in considerazione. «Allora», ha aggiunto, «il punto è molto semplice, ed è la ragione per cui non penso che la via del riarmo e la corsa agli armamenti siano lo strumento più efficace per garantire la pace. E non è una questione ideologica o di buoni sentimenti. Penso piuttosto che la strada da imboccare sia quella di tornare ad investire sul diritto internazionale e sugli organismi sovranazionali, cosa che drammaticamente non avviene». E ancora: «Possono fare un muro di droni, possono fare un muro sempre più alto, ma se la dimensione è solo quella del confronto muscolare, al muro di droni si contrapporrà un muro ancora più alto, insomma una dinamica di questo genere porta solo all'escalation. Il punto chiave è se siamo in grado, e se la comunità internazionale è in grado, di costruire un muro di diplomazia». In realtà, dopo la seconda guerra mondiale, decenni di pace sono stati garantiti proprio dalla deterrenza militare (e nucleare). Poi, certo, c'è anche la diplomazia. Ci ha provato Trump, ad esempio, ma i progressisti non erano comunque d'accordo...

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Dal Partito democratico, tramite la capogruppo alla Camera Chiara Braga, l'accusa al governo è duplice: quella di «subalternità» a Trump e quella di ambiguità su Putin. «La verità», ha detto la Braga, «è che continuare a recitare due parti in commedia: formalmente a fianco dell'Ucrai na, ma non sempre e certamente non tutti. Nella vostra maggioranza, il vicesegretario della Lega dichiara di preferire Putin a Zelenskyj. Putin! Un criminale di guerra!». Anche in questo caso, però, non si deve assolutamente pensare di fermare lo Zar investendo nella Difesa: «Avete accettato stupidamente - a differenza di quanto fatto invece dalla Spagnail ricatto di Trump: un aumento della spesa militare al 5% del Pil che non potrà contribuire a una vera difesa comune europea ma che rischia di essere il colpo finale al nostro Stato sociale». E allora si ritorna alla domanda iniziale. Ok, «i russi possono arrivare» e dobbiamo prepararci... ma come la vogliono fare, la guerra? Coi bastoni?

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