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La minaccia pro-Pal a Torino: "Giorgia Meloni come Kirk"

di Francesco Storace venerdì 26 settembre 2025

3' di lettura

Il loro sogno: una fucilata addosso a Giorgia Meloni. Sono le tracce che i pro-Pal hanno lasciato a Torino, nella stazione di Porta Susa, oggetto delle loro attenzioni, e su un pilastro lo hanno lasciato impresso: “Meloni come Kirk”. Che è impressionante, ed è un’altra prova del clima di odio che si è insinuato nel Paese usando a pretesto la crisi bellica in Medio Oriente. Ovviamente la premier non si spaventa, anche se le dichiarazioni di solidarietà arrivano solo dal centrodestra, a partire da Matteo Salvini e ben poco, se non nulla, da sinistra. È proprio la Meloni che fa sapere dai social di non abbattersi: «Per me è un orgoglio il paragone con Charlie Kirk».
Ma a preoccuparsi sono quelli chele vogliono bene.

Afferma la premier: «L’hanno scritto come minaccia. Ma chi vive di odio e intimidazioni non sarà mai come Charlie Kirk, perché non conosce il valore del dialogo, del confronto e della democrazia. Essere accostata a lui è motivo di orgoglio: Kirk ha fatto della sua vita una battaglia per la libertà di pensiero. Chi scrive minacce sui muri resterà sempre prigioniero della violenza. Noi continueremo a camminare liberi, forti delle nostre idee». Chapeau.

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Ma la giornata minacciosa degli estremisti pro-Pal non si è fermata alla presidente del Consiglio. A Genova se la sono presa con la ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, e col rettore Federico Delfino: entrambi sono stati raffigurati all’interno di un mirino, a mò di bersagli. Qualcosa di orrendo. Anche se a sinistra non vogliono sentirne parlare, è proprio così che cominciarono gli anni di piombo e non si può immaginare di sottovalutare il pericolo rappresentato da una situazione esplosiva. E c’è da capire se gli investigatori riusciranno a identificare i responsabili. Per quelli torinesi ci sono le telecamere al lavoro per inquadrare quanti hanno occupato per oltre un’ora i binari della stazione ferroviaria.

Tra i reati ipotizzati ci sarebbero il blocco ferroviario e l’imbrattamento. A tutto questo vanno aggiunti altri “annunci” che destano non poca preoccupazione, e sempre nel capoluogo piemontese. Infatti, il coordinamento Torino per Gaza ha promosso, attraverso i social, un corteo che domani si prefigge di raggiungere l’aeroporto Sandro Pertini di Caselle: «Dopo le ultime giornate di mobilitazione, abbiamo davvero dimostrato di scendere in piazza con una determinazione e una coscienza diversi al grido di bloccare tutto- ripetono-, per questo sabato tutti insieme raggiungeremo l’aeroporto di Caselle, luogo strategico e fondamentale per Torino». L’obiettivo è bloccare la struttura, un’azione assolutamente sovversiva e dannosa. «Lo sciopero generale del 22 settembre è stato solo l’inizio, ora l’attacco alla Flotilla e il perpetrarsi dell’invasione via terra a Gaza City – scrivono col loro linguaggio d’altri e tristi tempi - richiedono una mobilitazione permanente».

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Adesso si tratterà di capire se le forze dell’ordine, chiamate all’ennesimo sforzo, riusciranno a impedire una manifestazione che si preannuncia davvero grave, anche per i danni che potrebbe provocare alla circolazione aerea. In genere, pure eventi relativamente brevi (poche ore, ad esempio) possono causare decine di cancellazioni o deviazioni di voli, con perdite finanziarie immediate anche per le compagnie e per l’aeroporto. E i lavoratori lì impegnati non dormirebbero certo sonni tranquilli. Ci saranno costi fissi già sostenuti (personale, infrastrutture, sicurezza) che non si “recuperano” in caso di blocco. I servizi integrati (parcheggi, negozi, bar, ristoranti nel terminal) perderanno incassi per assenza o minore afflusso di passeggeri. Le ripercussioni – dicono gli esperti in materia - non si limitano al giorno dell’occupazione: ci possono essere effetti a catena (ritardi, scali alternativi, disservizi nei giorni successivi) che amplificano il danno. E poi la reputazione: anche dopo che l’operazione torna alla normalità, i passeggeri e le compagnie possono essere più restii a operare o transitare per quell’aeroporto. Una follia politica per la sola voglia divisibilità dei gruppi più estremisti in circolazione.

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