Cosa spinge Maurizio Landini a fare un’uscita da bordello? Quali pulsioni primitive si scatenano nel segretario della Cgil? Ho la risposta: Landini va fuori di testa alla vista di Giorgia Meloni con Donald Trump e i potenti della Terra, è posseduto da uno spettro, non è uscito dal reparto traumatizzati della sinistra aperto dopo le elezioni politiche del 2022. Landini è caduto nella trappola del salottino televisivo di La7, un mondo autoreferenziale dove se la cantano e se la suonano da soli, con l’illusione di potersi permettere tutto, anche un linguaggio da osteria numero 1000.
Landini è esattamente quello che vediamo e sentiamo, un propagandista travestito da sindacalista, un agit-prop che teorizza la “rivolta sociale”, uno che ha scambiato la politica per un bar dove si fanno gare di rutti e all’occorrenza anche di peti.
Hanno imbastito tre annidi campagna sull’allarme fascismo, sulla piaga del patriarcato, sul femminismo che è solo di sinistra, sulla destra buzzurra e in orbace, il risultato è che alla prima occasione, nel torcersi delle budella, nel rosicamento della sconfitta, nel travaso di bile incontenibile, a Landini è scappato su Meloni quel “cortigiana” che sul dizionario della Treccani diventa “prostituta”. Poteva mostrare una qualche abilità linguistica usando un “cortigianella” (diminutivo) oppure “cortigianuccia” (ancora più spregiativo) o anche “cortigianaccia”(un peggiorativo). Ma Landini nella sua rozzezza, non ha questo tipo di qualità, non ha talento neppure nell’insulto, è semplicemente un arruffapopolo. Reazioni dalla “gauche caviar”? Dal Pd giunge un silenzio assordante, Elly Schlein non spende una parola per dire che il segretario della Cgil è «un maschio che simboleggia il peggior patriarcato», «un esempio negativo», «un Vannacci con la chiave inglese», «un pericoloso sessista». No, il progressismo à la page tace, il compagno “Landinescu” gode di totale immunità. Gli è andata male, Giorgia Meloni è una donna tosta, non si fa apostrofare da nessuno, è abituata a competere con i maschi fin da ragazzina. E a vincere.
ASPETTO DISTRUTTIVO
La storia di Landini potrebbe essere archiviata alla voce “latrina”, si tira lo sciacquone e finisce dove deve finire, ma vi è qualcosa di distruttivo in questa vicenda, è nello specchio del linguaggio, che è sempre rivelatore dello spirito del tempo.
Se mettiamo insieme la sparata no limits di Landini con le tesi farneticanti dei pro-Pal, le manifestazioni degli spaccateste nelle piazze, gli striscioni che inneggiano al pogrom, il manganello mediatico usato contro i giornalisti non allineati, le liste di proscrizione, i tentativi sempre più sfacciati di censurare le voci libere, le minacce quotidiane, il disprezzo più totale, la demonizzazione che la sinistra sta praticando contro l’avversario politico, allora il quadro si fa più chiaro e preoccupante.
Landini va su La7 e sente di giocare in casa, non si preoccupa di quello che dice, non immagina che le sue parole possano avere un impatto sulle istituzioni, sul loro prestigio, sulla stessa educazione del segretario della Cgil che fa la figura del cafone, egli non pensa di avere una responsabilità perché in quell’arena televisiva sembra che tutto sia concesso, e che la distruzione morale dell’avversario sia cosa buona e giusta. Tutto questo non è solo vero, reale, fattuale, è anche il punto chiave di una trama che si sta svelando, un progetto che va oltre l’opposizione, il legittimo confronto, anche aspro, siamo di fronte a un piano che sta allevando il seme della rivoluzione. La “black list” dei giornalisti compilata da Francesca Albanese prova che siamo ben oltre il clima pessimo, siamo all’indicazione dei bersagli da colpire. Se Landini si permette di dire che la premier Giorgia Meloni è una “cortigiana”, allora tutto è possibile, anche l’indicibile che Landini finge di non capire. Segretario, quel “cortigiana” non è come dice lei “critica politica”, non si arrampichi sugli specchi, non cada ancora più in basso, si rialzi, si guardi allo specchio e chieda scusa.