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"Meno tasse ai ricchi? È solo beata ignoranza"

di Sandro Iacometti sabato 8 novembre 2025

6' di lettura

Enrico Zanetti ci aiuta. Da esperto di fisco, commercialista ed ex viceministro dell'Economia, dica la verità: il governo sta facendo un favore ai ricchi? «La verità è che se diciamo che sono state tagliate le tasse ai ricchi significa che i ricchi sono coloro che hanno redditi da lavoro dipendente o autonomo da 28mila euro in su». Però forse lo sono. Sono in molti a parlare di meno tasse per i ricchi... «Ci vuole un coraggio da leoni o una soave e beata ignoranza per definire queste misure come misure che favoriscono i ricchi. Chi fa queste osservazioni, tra l'altro, è spesso lo stesso che lamenta l'enorme livello di evasione fiscale. Sulla base dei dati delle dichiarazioni dei redditi chi ha un reddito lordo di 50mila euro è nella fascia alta, se è ricco vuol dire che non c'è evasione, ma se c'è evasione vuol dire che non è ricco. Non possono essere vere entrambe le cose».

Quanto prende al mese chi guadagna queste cifre?
«Un reddito lordo di 50mila euro in questo momento equivale a un netto di più o meno 2.500 euro al mese, calcolando dodici mensilità».

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Stiamo parlando di ricchi o no?
«I ricchi sono quelli che vivono di rendita, che hanno milioni investiti in azioni o in immobili e hanno dichiarazioni dei redditi anche più basse in base al nostro sistema di tassazione».

E chi guadagna sopra i 28mila euro?
«Chi dichiara redditi Irpef sopra la media è il ceto medio di cui si parla tanto.
Cioè chi non si colloca né tra i più poveri né tra i più ricchi che hanno redditi derivanti da grandi patrimoni. Sono semplicemente persone che guadagnano con il loro lavoro uno stipendio tra il decoroso e l'abbastanza buono. Proprio il ceto medio a cui tutti dicono che bisogna dare una mano. Poi però quando questa mano viene data si dice che si aiuta i ricchi. C'è un problema culturale».

Però Bankitalia dice che sono pochissimi.
«È vero. Noi abbiamo una marea di contribuenti che dichiarano sotto i 28mila euro. Appena vai sopra hai fuori gioco una grandissima parte dei contribuenti italiani. Questo è dovuto a tre problemi: da un lato c'è troppa evasione, dall'altro c'è un livello di stipendio troppo bassi e poi troppi redditi più alti non vanno in dichiarazione».

E quindi?
«Quindi bisogna mettersi d'accordo su quale battaglia si vuole fare. Se si vuole risolvere questi tre problemi oggi è il giorno di stare zitti. Se invece si ritiene seriamente che chi ha un reddito di lavoro dipendente da 28mila a 100mila euro non è un ceto medio-basso o medio alto, ma è un ricco allora si scivola nella follia».

Però il taglio delle tasse arriva fino a 200mila euro di reddito. E le fasce più alte hanno il beneficio maggiore...
«Il contribuente che prende per intero il vantaggio nella sua forma massima, che è 414 euro, è il contribuente che dichiara tra i 50mila ei 200mila euro. Una platea molto ristretta».

Piastra di privilegiati?
«No, è la platea che corrisponde esattamente alla finalità dell'intervento. Dopo aver in precedenza fatto interventi sempre indirizzati alle fasce di reddito più basse, che in realtà sono arrivate fino ai 40mila euro di reddito, il governo ha deciso di farne anche uno dedicato ad una fascia di reddito intermedia, che poi inevitabilmente si riflette sulle fasce più alte fino a 200mila per via della progressività. Lo scopo era quello».

Però le autorità hanno storto il naso...
«Le autorità fanno un quadro statistico incontrovertibile e condivisibile, ma tradurre quel quadro in una lettura politica secondo cui si stanno dando dei soldi ai ricchi denota o incapacità di analisi o malafede. È chiaro a tutti che questo intervento è dedicato a fasce di reddito di chi vive del proprio lavoro, dichiara redditi irpef e guadagna cifre dignitose o buone».

Non era meglio destinare altrove le risorse?
«Il ceto medio va aiutato perché oggi già dai 28mila euro ci si ritrovava a pagare il 35%. Adesso si pagherà il 33%, che secondo me è comunque troppo, ma meglio che niente. Siamo un paese dove c'è una fascia enorme di cittadini che paga Irpef zero, sopra i 28 mila euro vogliamo lasciare l'aliquota al 35%?».

Le opposizioni non sembrano d'accordo.
«Lamentarsi che viene centrato questo pezzo di popolazione è ridicolo perché è esattamente l'obiettivo dichiarato dell'intervento. Troverei più normali polemiche sul fatto che la riduzione sia insufficiente. E credo che su questo punto sia d'accordo anche lo stesso governo, che se non avesse vincoli di risorse probabilmente farebbe di più».

Ma la sinistra dice di voler difendere i ceti più bassi.
«Io trovo le polemiche anche stupide politicamente. Se dovessi criticare il governo da sinistra lo farei dicendo che non abbassa abbastanza le tasse, che non è coerente con gli impegni che ha preso con il suo elettorato su quel versante, ma così va a certificare che sta facendo abbassamenti di tasse. In pratica gli fa un favore e impreziosisce le misure del governo».

Però la palla gliel'hanno alzata Bankitalia & C.
«Non si può bollare questo intervento come un aiuto ai due quinti più ricchi della popolazione, diciamo allora che è un intervento a favore dei due quinti di soggetti che dichiarano un imponibile Irpef più elevato. Il concetto di ricchezza in un sistema pieno di ritenute alla fonte, di detrazioni e di imposte sostitutive sui redditi da capitale è un concetto stupido da utilizzare. Si tratta semplicemente dei contribuenti che si collocano nelle fasce più alte delle dichiarazioni dei redditi, il che non c'entra ormai più niente con la ricchezza».

C'è chi sostiene che i più abbienti vadano spennati a favore di chi ha meno, senza considerare che sono loro a finanziare il nostro sistema di welfare.
«Nel tempo facendo una serie di interventi correttivi sulle fasce più basse noi abbiamo creato una platea enorme di contribuenti che paga pochissimo e inevitabilmente quei pochi che mettono appena appena la testa sopra la media devono versare anche per gli altri. Il nostro è un sistema iperprogressivo».

Resta il fatto che non riusciamo a ridurre i livelli di povertà...
«Il problema in Italia non è quanto paga di tasse chi ha i redditi troppo bassi, ma che i redditi sono troppo bassi. È un problema anche di contrattazione collettiva, che potrebbe essere meglio gestito se ci fosse un sindacato meno attento a fare politica contro il governo ea chiedere riduzioni di tasse e più attento a fare della sana e corretta interlocuzione con i datori di lavoro. Noi abbiamo un problema di salari troppo bassi, non di tasse troppo alte sui salari bassi. Le tasse sui redditi bassi sono praticamente inesistenti».

Sono bassi anche gli stipendi alti?
«I salari sono bassi a tutti i livelli, ma chi ha uno stipendio intermedio, oltre ad avere una paga che è sicuramente migliore di chi è a livello basso ma comunque non adeguata al tipo di responsabilità e di competenze, si porta a casa anche lo svantaggio che essendo appena sopra la media si becca subito una rasoiata del 35%, che adesso diventa del 33%, non mi sembra un gran regalo».

Non sarà un regalo, però, ha provocato indignazione. Figuriamoci se il taglio fosse stato più robusto.
«Questo è un problema che spaventa perla capacità di questo paese di potersi allineare e rendersi competitivo con gli altri Paesi. Nessuno mette in discussione l'esigenza di tutelare i redditi più bassi, però non è possibile che appena qualcuno abbia il coraggio di fare una mossa sul mediocre se dica che stiamo avendo i ricchi. Così finisce maschio».

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