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La "bomba sporca" contro la destra a Palazzo Chigi

di Daniele Capezzone domenica 9 novembre 2025

4' di lettura

«Certi amori non finiscono», cantava Venditti. E certi metodi nemmeno, par di capire. In ogni legislatura a un certo punto - com'è come non è scatta una specie di “ora X”, il momento limaccioso, la fase della palude. È quel momento magico in cui, contro Berlusconi prima, contro Salvini poi, e infine contro Meloni (e naturalmente contro chiunque sia a loro vicino, ed esposto per ciò stesso alla radioattività), ogni mezzo diventa utilizzabile, inclusa - chiamiamola così - la “bomba sporca”. Prima si mettono sul tavolo le carte “normali”, quelle della ordinaria e fisiologica battaglia di opposizione, più o meno condivisibile che sia il merito delle posizioni sostenute: la manovra parlamentare, la contrapposizione mediatica, la chiamata della piazza, e così via. Ma se per caso tutto questo armamentario tradizionale non funziona, non fa presa, non sortisce effetto, allora occorre un po' di doping.

Stavolta - diciamolo- la situazione della sinistra è abbastanza disperata: la leadership di Schlein è così fragile che si taglia con un grissino, come il tonno sott'olio di un'antica pubblicità. Le regionali, che dovevano rappresentare la Caporetto della destra, vedono la sinistra in affanno un po' da tutte le parti: nella migliore delle ipotesi per i compagni, finirà con uno stentato pareggio. Quanto ai sondaggi, siamo nell'orrore puro, guardando le cifre da sinistra: Fdi ai massimi, Lega e Fi in salute, e sinistra (pur eventualmente tutta ammucchiata) quattro o cinque punti abbondanti dietro.

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E allora che si fa? No, non c'è bisogno di un grande vecchio odi chissà quale regia. Come per il volo di uno stormo di uccelli non è necessario un coreografo celeste, ma l'armonia dei movimenti deriva dal puro istinto di quelle creature, allo stesso modo per la sinistra italiana- con spontaneità e direi con una punta di felicità adolescenziale - occorre far ricorso alle armi non convenzionali. Della faccenda Striano sapete tutto (voi che leggete Libero, perché ieri il nostro era l'unico quotidiano ad aver ancora un articolo sul tema): dossieraggio di massa contro la destra. Ma era troppo poco. E allora? E allora, da qualche mese, è partita una raffica.

Si comincia con Report che mette in piazza un audio imbarazzante: la conversazione tra l'allora ministro Sangiuliano e sua moglie, in un momento notoriamente delicato. Ma c'era interesse pubblico? No: la faccenda era già esplosa. Dunque tutto si è risolto nella non necessaria umiliazione di una donna. Si obietta: ma Sangiuliano aveva già fatto sentire quell'audio alla famigerata Boccia. Certo: ma un conto è farlo ascoltare a una persona, per quanto sbagliata, altro conto è diffonderlo a un milione e mezzo di telespettatori. Stadi fatto che il Garante della privacy ha sanzionato - com'era ovviola trasmissione. E allora che succede? Si offusca il cuore della faccenda (l'audio privato tra marito e moglie) e si scatena l'inferno contro il membro dell'autorità targato Fdi (e nominato quando la maggioranza era giallorossa).

Povero Ghiglia, trattato come un fagiano all'apertura della stagione di caccia: casualmente ripreso mentre cammina in Via della Scrofa e entra nella sede di Fdi; casualmente cronometrato nella sua sosta; casualmente oggetto di interrogatori su chi abbia visto e salutato; casualmente intercettato nelle sue comunicazioni dirette alla propria segreteria. Di più: ora persino intercettato retrospettivamente, per i suoi antichi messaggi scambiati con Meloni quando lei era la leader - solitaria e minoritaria - dell'opposizione a un governo di semiunità nazionale. Chi ha organizzato e realizzato tutte queste belle e così limpide attività? Come è stato recuperato questo materiale? O forse Ghiglia è un uomo così sfortunato da farsi beccare per strada (neanche fosse Tom Cruise che firma autografi), da perdersi mail e messaggini con la facilità con cui ognuno di noi perde una penna biro? Ah saperlo...

Ma non è tutto. Si verifica una orrenda intimidazione contro il giornalista Ranucci, il quale ovviamente merita e ottiene la solidarietà di tutti. Risultato? Schlein va all'estero a parlare a vanvera, associando maldestramente il governo all'attentato. Ranucci stesso, in due Commissioni parlamentari, con palla provvidamente alzatagli da due esponenti della sinistra, butta lì allusioni su un qualche misterioso ruolo del senatore Fazzolari, principale collaboratore della premier. Poi, in tv da Bianca Berlinguer, è più prudente, più cauto, più controllato. Ma in Parlamento accende e spegne i microfoni, chiede la seduta segreta, partecipa oggettivamente alla creazione di un clima mefitico intorno a un uomo delle istituzioni.

E così ecco il giochino: si tira il sasso e si nasconde la mano, si butta lì l'insinuazione ma non la si trasforma (e su che basi?) in accusa esplicita, oppure (qui il talento del senatore Scarpinato non conosce rivali) si sostiene di aver solo posto una domanda. Certo, una domanda: ma intanto si fa uno sfregio sulla faccia dell'avversario, si mette in circolo una tossina, si alimenta un circuito di veleni e sospetti. Manca solo un'inchiesta giudiziaria grossa: ma non vorremmo dare suggerimenti destinati prima o poi a trovare riscontro nella realtà. Certo, il cammino (girone di andata) fino al referendum costituzionale di primavera e poi (girone di ritorno) fino alle politiche del 2027 sarà di questo tipo: su un terreno fangoso, in mezzo ad animali di palude. Belve per definizione pronto a tutto. Basta saperlo, ei lettori sanno di questo giornale- appunto - lo già.

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