Qualche giorno fa Roberto Fico, candidato del centrosinistra alla Regione Campania, ha fatto un elogio della «distribuzione della ricchezza» e del principio che chi «ha di più deve dare a chi ha di meno». Bello. Chi paga?
Cribbio, «i ricchi». Fico non è John Maynard Keynes (che tra l’altro era anche un ottimo investitore sul mercato azionario, monetario e dell’arte) la sua idea di economia è quella di un grillino che per una pazza carambola della politica è diventato presidente della Camera e per sfortuna dell’Italia ha contribuito da quello scranno al varo del reddito di cittadinanza e del superbonus, due idrovore che stavano prosciugando il bilancio dello Stato.
Fico è uno tra i tanti adoratori della moneta (degli altri) che alza il pugno e pensa alla lotta di classe. Il suo popolo è quello dei clientes, non ha nessuna intenzione di “liberare” la Campania dalla povertà, ma di renderla schiava di un sistema di sussidi. Tutto il dibattito dell’opposizione sulla legge di Bilancio si basa sul desiderio di punire «i ricchi» che, se fossero al governo Schlein e Conte, si sarebbe già tradotta in una manganellata fiscale sulla classe media.
L’alleanza tra il Pd e il Movimento Cinque Stelle è una sgangherata riverniciatura dell’anticapitalismo, hanno bisogno di un nemico, e il ceto produttivo, quella che un tempo si definiva borghesia, è il loro primo bersaglio. Il Pd è in piena metamorfosi kafkiana, per tenere insieme il campo largo insegue il partito di Conte che dopo aver «abolito la povertà» ha un programma perfetto per estenderla a tutti. L’obiettivo di questa operazione di demagogia contabile è il Sud. La Puglia e la Campania sono due tasselli di questa strategia dello sfascio, la sinistra punta a vincere queste due tappe delle elezioni regionali per poi proiettarle sul voto nazionale del 2027, alimentando l’illusione di una secessione fiscale del Mezzogiorno pagata da tutti gli italiani.