C’è una vecchia battuta di cui ignoro l’autore (in rete si dice Woody Allen, ma l’IA indica Beppe Grillo o Massimo Gramellini...) che suona così: «Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Ma soprattutto: chi paga?». È un vero peccato che, negli anni passati, non sia mai stata proposta a chi ha governato inventandosi Superbonus e altre genialate del genere (come il reddito di cittadinanza) che oggi gravano sui conti pubblici. Confermando, malgrado i «Gratuitamente!» di Conte, che «non esistono pasti gratis» come insegnava Milton Friedman in Free to Chose.
Del resto non occorreva un Premio Nobel per l’economia come lui per spiegare una cosa tanto evidente che pure i nostri nonni illetterati sapevano bene. Chi vuole scoprire le dimensioni della voragine del Superbonus può leggersi il documentato e brillante libro di Luciano Capone e Carlo Stagnaro, Superbonus. Come fallisce una nazione (Rubbettino). Quello che però sconcerta è vedere gli stessi che vararono questi provvedimenti che oggi tuonano dalle tv, ogni giorno, per esigere che il governo «metta più soldi» dappertutto (sanità, casa, lavoro...). Senza ricordare come loro hanno lasciato i conti pubblici e senza spiegare dove si trovano i soldi per tutti quegli stanziamenti da favola (che ben volentieri il governo farebbe se ne avesse le possibilità finanziarie).
Del resto, come ha scritto Mario Sechi su questo giornale mercoledì (“Operazione Cetto La Qualunque”), si continua con le promesse mirabolanti, a dimostrazione del fatto che c’è chi non impara mai. Tanto paga la collettività. Ora, nei giorni in cui si dibatte una legge di bilancio che alleggerisce le tasse (mentre le leggi finanziarie di solito le aumentavano) e si vota in alcune regioni dove si fanno promesse da Paese dei balocchi, è utile porsi tutte le domande di quella battuta.
Già rispondere al “chi siamo”, per esempio, è un utile esercizio di consapevolezza. Infatti oggi siamo il Paese che, con l’attuale governo, ha l’occupazione ai massimi, lo spread al minimo storico, i conti in ordine ed è riconosciuto come il più solido e stabile fra i grandi d’Europa, al punto che perfino certi giornali stranieri che non ci hanno mai amato (e che certamente non amano il centrodestra) hanno dovuto scriverlo.
Ieri l’Economist ha titolato: «Ecco perché Meloni è una politica eccezionale» (e ha spiegato: «Meloni ha ottenuto qualcosa che pochi premier italiani hanno ottenuto: stabilità politica»). Questo, insieme alla serietà che a livello internazionale viene attribuita alla premier, ha riportato l’Italia, dopo molto tempo, ad essere considerata – anche dalle agenzie di rating un Paese che gode di stima e credibilità (con tutte le conseguenze positive che ne derivano).
Siamo stati così abituati in passato ad essere derisi e ritenuti “il malato d’Europa” che quasi non crediamo a quello che oggi dicono di noi. Eravamo abituati all’autodenigrazione anche perché certe élite hanno alimentato per decenni questa idea dei “vizi italici” e della necessità - che secondo costoro avremmo avuto – di essere “guidati” dall’estero (per quante autocritiche possiamo farci, come Paese, dirsi “antitaliani” non può essere un vanto). Inoltre: “da dove veniamo”.
Elon Musk quando parla dell’Italia ricorda sempre quello che il nostro popolo ha dato al mondo a partire dall’antica Roma e poi con secoli e secoli di grandezza. Ma anche senza andare così indietro nel tempo, basterebbe ricordare quello che è rimasto sui libri di storia come “il miracolo” italiano del dopoguerra. Dunque non montiamoci la testa, ma il giusto orgoglio sì. Del resto – per stare sui tempi recenti – solo 10/15 anni fa eravamo il Paese con lo spread a 500, con le “maggioranze non votate dagli elettori” che duravano un anno, con le leggi finanziarie lacrime e sangue, con alta disoccupazione e alta inflazione, con le risatine degli altri capi di governo e i diktat europei. Oggi le cose sono molto diverse.
Infine: “dove andiamo?”. A prevedere il futuro nessuno è attrezzato: molto dipende dal contesto internazionale e dagli eventi, buoni o cattivi, che accadranno. Ma, considerati gli elementi che abbiamo ricordato, per voler tornare al disastro del decennio scorso ci vuole molto masochismo. Anche perché quella sinistra che ha mal governato in quegli anni (e che predicava tasse, tasse e tasse) è perfino peggiorata: con la saldatura fra Pd, M5S e Avs i nuovi comunistElly, ammiratori di Mamdani, hanno abbracciato l’estremismo massimalista come ripetono gli stessi “padri fondatori” del centrosinistra, da Prodi e Gentiloni. Se lo stesso Prodi ha testualmente dichiarato che «il centrosinistra ha voltato le spalle all’Italia», significa che è un fatto evidente. E significa che l’Italia non è Gaza loro.