Tra una settimana si vota per eleggere il presidente della Regione in Veneto, Campania e Puglia e il solerte Sigfrido Ranucci che fa? Una bella inchiesta sulle relazioni tra criminalità organizzata e politica. Un approfondimento sulle mafie nei tre territori chiamati alle urne? Niente di tutto questo. Per il solerte inchiestista di Report la camorra in Campania è problema secondario, buono giusto per le serie televisive ormai. Per non parlare poi della Sacra Corona Unita in quel di Bari e dintorni; roba vecchia. Sì d’accordo, un anno e mezzo fa quel buon tempone del governatore uscente, Michele Emiliano, davanti a migliaia di persone ha dichiarato di aver affidato Antonio Decaro, l’attuale candidato del campo largo, alle cure della sorella del boss del capoluogo, ma sono facezie; malintesi, è evidente. Vuoi mettere, per chi è a caccia di scoop, un bell’approfondimento sulla ‘ndrangheta che in Veneto sostiene da tempo due esponenti di Fratelli d’Italia, partito che peraltro non ha mai espresso la guida della Regione? La fonte? Un collaboratore di giustizia.
E qui la mente torna indietro di quasi vent’anni, quando era ospite fisso da Michele Santoro il figlio dell’ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino, condannato per associazione mafiosa: un profluvio di accuse di collusione e illazioni in diretta contro Silvio Berlusconi, che poi si rivelò teatro puro, finzione, per bocca dei suoi stessi protagonisti. Specifichiamo per il lettore che non abbiamo visto il servizio di Report, e quindi non lo commentiamo nel merito. Quando la faziosità e la partigianeria strabordano, soffocano la notizia, quand’anche ci fosse. Perbacco, la libertà e il diritto d’informazione sono sacrosanti, ma attenti a separare la notizia dalla propaganda; e in ogni caso c’è la sensazione che con il servizio pubblico certi format c’entrino sempre meno. Facciamo finta che sia perché comanda lo share.
Certo, alla luce dell’insindacabile scelta di Sigfrido, stonano ancora di più le critiche mosse giusto poche ore prima a Far West, la trasmissione condotta da Salvo Sottile. Venerdì il giornalista ha dedicato un servizio al gozzo di gran pregio di Roberto Fico, candidato alla Regione Campania dalla scorsa legislatura senza stipendio fisso. Incuriosiva, oltre all’invidiabile lusso dell’imbarcazione, il privilegiato ormeggio, in zona militare riservata. Un approfondimento sul candidato governatore che ha indispettito il campo largo che lo sostiene. Inchieste e critiche vietate in campagna elettorale nei riguardi di chi vuol fare il presidente, questione di fair-play, è il ragionamento sulla base del quale è stato messo in croce Sottile.
Sono argomentazioni senza senso ma la dicono lunga su come ragionano grillini e compagni vari: loro possono sparare sempre e comunque, e se qualcuno dice bah, magari una donna umiliata in prima serata tv, dove si vede spiattellata la sua telefonata privata al marito ministro di Fdi, attenta alla libertà d’informazione. Ma guai a chiedere conto a capitan Fico del suo gozzo, lui si può attaccare solo politicamente. La qual cosa non sarebbe neppure difficile, non fosse che qualcuno che gli vuole bene deve avergli suggerito di non dire nulla, perché appena apre bocca sbaglia. E lui ha eseguito. L’ex presidente della Camera grillino è il candidato più afono che la storia della Repubblica ricordi. Nessun comizio, solo qualche appuntamento al chiuso tra quattro intimi - contati -. Fico non ha mai parlato di quel che farà da presidente; d’altronde, sul fatto che, nel caso vincesse, lo muovano come un burattino, nessuno nutre dubbi. Né a destra né a sinistra.