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Quel terrificante dubbio su Mario Balotelli: ma lui è ancora un...

Andrea Tempestini
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Tra il 20 aprile 2010 e il 14 febbraio 2016 sono passati 2126 giorni, 51024 ore, oltre 3 milioni di minuti. La prima è la data di Inter-Barcellona, semifinale di Champions League; la seconda di Milan-Genoa, 25ª giornata di Serie A 15/16. Perché queste date sono importanti? Perché c'è un lungo filo che le unisce, e che risponde al nome di Mario Balotelli. In quasi sei anni, SuperMario non è cambiato una virgola: è entrato camminando in una partita come quella contro i blaugrana, è entrato camminando negli ultimi minuti contro i rossoblu. Stesso atteggiamento, stesso menefreghismo, stessa reazione di chi lo guardava: nel 2010 l'ira dei tifosi nerazzurri, domenica quella di Mihajlovic, che per fortuna dell'attaccante è stato fermato da un collaboratore al fischio finale. «Chi non si sacrifica fino alla fine non mette più il piede in campo», ha però aggiunto davanti ai microfoni. Insomma, Mario è sempre lo stesso. La differenza, oltre all'età, è che nel frattempo si è perso anche calcisticamente: nelle ultime due stagioni ha avuto lampi (anche di speranza) non indifferenti (vedasi derby d'andata), ma solo momenti in mezzo a mediocrità e infortuni, tanto che negli ultimi 1907' in campo ha segnato solo 6 gol. A quasi 26 anni certi comportamenti non sono più giustificabili. Pure in nazionale Conte gli ha (giustamente) sbattuto in faccia tutte le porte possibili. Un talento così non merita di essere sprecato. di Matteo Spaziante

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