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Aumentare le vaccinazioni per ridurre le malattie infettive e garantire la sostenibilità del Ssn

I vaccini rappresentano uno degli strumenti più efficaci per prevenire malattie infettive causa di morbidità e mortalità importante Il punto durante un convegno organizzato alla biblioteca del Senato a Roma da Motore Sanità

Maria Rita Montebelli
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L'OMS ha da tempo messo in campo una serie di azioni utili alla diffusione dei vaccini al fine di ridurre o eradicare l'incidenza delle malattie trasmissibili. Questo il tema del convegno ‘La prevenzione vaccinale uno strumento di sostenibilità', organizzato da Motore Sanità. L'Unione Europea, proprio per l'importanza della vaccinazione come strumento di sanità pubblica a difesa del singolo e della collettività, oltre che come strumento per il contrasto al fenomeno dell'antibiotico-resistenza, sta costantemente implementando azioni per contrastare le infezioni prevenibili con la vaccinazione. In questo senso, in Italia, in età pediatrica oltre ai vaccini obbligatori per legge, esistono vaccinazioni raccomandate dal Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale (PNPV) come quella anti-pneumococcica, per la prevenzione di polmoniti ed altre infezioni particolarmente pericolose non solo nei bimbi ma anche nei soggetti fragili con poli patologie e negli over 65. Nei criteri di scelta dei vaccini per la prevenzione dell'infezione pneumococcica, in ogni caso, come accade per tutti i farmaci, occorre tenere presente non solo la specificità dell'offerta, ma anche l'impatto in condizioni reali di utilizzo (Real World Evidence), l'epidemiologia locale, il costo del vaccino e la percentuale di utilizzo nelle varie Regioni italiane. “La vaccinazione anti-pneumococcica in età pediatrica rappresenta un caso di studio per verificare l'applicazione in Italia dei princìpi dell'evidence-Based HealthCare (EBHC), che prevede l'integrazione delle migliori evidenze nelle decisioni sulla salute, e della value-Based HealthCare (VBHC), che mira ad ottenere il massimo risultato in termini di salute dalle risorse investite in sanità. Dal report indipendente della Fondazione GIMBE emerge che la miglior protezione disponibile nei confronti dello pneumococco sembrerebbe offerta dal PCV13, che include tre sierotipi in più del PCV10. In realtà, il presupposto che i 3 sierotipi aggiuntivi del PCV13 riducano l'incidenza delle malattie invasive pneumococciche (MIP) non è dimostrato da studi testa a testa tra i due vaccini. Pertanto, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, i due vaccini hanno pari efficacia nel ridurre l'overall burden delle MIP, l'outcome proposto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Ovviamente il monitoraggio epidemiologico dei sierotipi circolanti è fondamentale per applicare i princìpi dell'EBHC, in quanto, a parità di evidenze scientifiche, le Regioni potrebbero effettuare scelte differenti. Inoltre, considerato che qualsiasi forma di monopolio in sanità riduce il value for money, a fronte di una documentata bassa prevalenza dei sierotipi aggiuntivi contenuti nel PCV13, la decisione di indire una gara tra i due prodotti concretizza l'applicazione dei princìpi della VBHC, permettendo di ridurre i costi di acquisto e reinvestire le risorse in altri interventi di sanità pubblica”, ha detto Nino Cartabellotta, Fondazione GIMBE. “I vaccini sono un eccellente strumento di prevenzione e la loro utilità va vista anche in un contesto ancora più ampio di quanto generalmente viene considerato. Come citato nel Piano Nazionale di Contrasto all'antimicrobico-resistenza del Ministero della Salute, le strategie vaccinali, giocando un ruolo importantissimo nella prevenzione delle infezioni virali e batteriche, possono contribuire a ridurre la circolazione di ceppi antibiotico-resistenti, il rischio di infezioni correlate all'assistenza e, di conseguenza, anche il consumo di antibiotici. Questo contesto è ancora più evidente guardando la lista dei vaccini in via di sviluppo che saranno disponibili nei prossimi anni sul mercato e che sono diretti proprio contro patogeni la cui resistenza agli antibiotici rappresenta già una grave problematica per la salute pubblica”, ha spiegato Fortunato D'Ancona, ricercatore del Dipartimento di Malattie Infettive dell'Istituto Superiore di Sanità. “I temi trattati durante l'evento odierno sono di grande attualità e utilità per il rafforzamento del nostro Servizio sanitario e la sua sostenibilità. Investire in prevenzione è, come dimostrano le analisi economiche, vantaggioso, in termini sia di costi diretti sia di costi indiretti. E a questo si aggiunge la sofferenza evitata e le morti prevenute. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), in più occasioni, ha ribadito questo concetto, sottolineando, appunto, che i costi sostenuti per le vaccinazioni sono spesso ampiamente superati dai risparmi ottenuti grazie ad esse. In particolare, la vaccinazione antimorbillo - grazie alla sua efficacia, al basso costo e all'impatto favorevole - è da ritenersi uno degli interventi di sanità pubblica con il miglior rapporto costo/efficacia: infatti, per ogni dollaro investito si stima un ritorno di 58 dollari. In Italia l'ultimo Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2017-2019 è stato approvato con lo scopo primario dell'armonizzazione delle strategie vaccinali in atto nel Paese, al fine di garantire alla popolazione, indipendentemente da luogo di residenza, reddito e livello socio-culturale, i pieni benefici derivanti dalla vaccinazione, intesa sia come strumento di protezione individuale che di prevenzione collettiva, attraverso l'equità nell'accesso a vaccini di elevata qualità, anche sotto il profilo della sicurezza, e a servizi di immunizzazione di livello eccellente. L'offerta vaccinale gratuita rappresenta, quindi, un'opportunità di salute per tutti i cittadini, proprio attraverso il raggiungimento ed il mantenimento delle coperture vaccinali a livelli tali da prevenire e controllare efficacemente la diffusione delle rispettive malattie infettive sull'intero territorio nazionale, e un valido strumento per ridurre le disuguaglianze nel Paese. Di conseguenza, la prevenzione vaccinale, negli ultimi anni, si è allargata dalle fasce di età storicamente interessate, anche alle condizioni – di salute, professionali e comportamentali - a maggiore rischio, secondo un approccio ‘lungo l'arco della vita' di cui il nostro Paese si era fatto promotore nel 2014, proprio durante il semestre di presidenza dell'Unione Europea”, ha dichiarato Stefania Iannazzo, Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria, Ministero della Salute. (FABRIZIA MASELLI)

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