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Sanremo 2019, sul palco l'ossessione per Matteo Salvini: fermi tutti, il leghista li stende così

Gino Coala
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Benvenuti al Festival di Sa... lvini. In un' edizione sottotono della kermesse, dove fioccano cantanti italiani semi-sconosciuti e si nota la mancanza di artisti internazionali, la vera popstar è Matteo Salvini. È lui il convitato di pietra di questa cinque giorni in musica, una presenza-assenza ingombrante per chiunque si affacci sul palco dell' Ariston: senti che lui c' è a ogni battuta e a ogni passaggio discutibile di una canzone, lo avverti nell' aria come una tensione che elettrizza gli astanti, è l' allusione che tutti hanno in mente, il nome proibito o gradito, comunque evocato, il protagonista mancante, il super-ospite che c' è ma non si vede. A volte poi l' Invisibile e l' Innominato si manifesta attraverso i tweet del suo spin-doctor o i selfie davanti alla tv. Leggi anche: Sanremo 2019, Baglioni e la risposta a Salvini: "Una guerra con lui?" Comunque sia, il ministro dell' Interno si è preso la scena del festival, come capitava ai tempi ruggenti di Berlusconi: c' era Salvini implicitamente nel monologo di Bisio; c' era Salvini esplicitamente nell' irruzione comica di Pio e Amedeo che parlavano di Lui come di un' entità onnipresente: Salvini il Misericordioso che «prima ti dice le più brutte cose ma fra 2-3 anni ti ama, come ha fatto con noi meridionali»; Salvini il Capitano in divisa; Salvini il nazional-populista, che ha portato il sovranismo in musica, tanto che lo stesso Baglioni deve arrendersi a dire «Prima gli italiani». E poi c' è Salvini in conferenza stampa perché le domande vertono sui suoi presunti scazzi col conduttore del festival, costretto ad assicurare che «non c' è mai stata guerra» con lui. Perfino i colori adottati per stabilire la classifica dei cantanti, il blu (come la Lega) per gli artisti di prima fascia, il giallo (come i 5 Stelle) per quelli di seconda, e il rosso (come la sinistra) per gli ultimi, paiono una metafora dello stato politico del Paese, con Salvini in testa. In ogni modo, per far ridere, riflettere, indignare, non si può non fare riferimento a lui. È il polo attrattivo delle attenzioni mediatiche del festival, forse l' arma segreta per fare audience: cantanti, direttori artistici, direttori di rete, comici non possono prescindere da Matteo... E questo aiuta a spiegare il suo successo: nessuno sul palco si frega qualcosa di quello che dicono o fanno Di Maio e Conte: non vale la pena sbertucciarli, perché è come se non esistessero nel nostro immaginario. Tutti pensano, nel bene o nel male, solo a Salvini. Se ci fosse un televoto, vincerebbe di brutto lui, vero fenomeno nazional-popolare, che pur non volendo ha trasformato Sanremo in un nuovo bacino di voti. Quando fa bagni di folla in piazza, dicono sembri una rockstar. Ora si è guadagnato il palco dell' Ariston, da scafata popstar. di Gianluca Veneziani

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