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Antonio Graziano (Hbw): "Biotech, oggi serve un'agenzia di controllo e garanzia"

Mario Della Corte
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Antonio Graziano è uno scienziato napoletano, Ceo di Hbw-Rigenera, società che opera nel settore del biotech, ed è componente del board del Forum Italiano per l'Export. In questa intervista col nostro giornale, Graziano illustra lo stato dell'arte del mondo biotech e sui rischi che si corrono in assenza di un sistema di effettivo controllo.

Il biotech è un settore trainante dell’economia nazionale: vale 10 miliardi di euro con oltre 800 imprese e 13mila dipendenti. Ma manca un codice di regolamentazione o, meglio, una normativa di riferimento. Lei ha proposto l’istituzione di una autorità di garanzia sul biotech per evitare problemi come quelli accaduti durante la pandemia. Ci spiega questa sua idea? 
«L'avanzamento delle tecnologie e dei mercati specifici, negli ultimi anni, soprattutto nell'ambito della tecnologia della salute, ha innescato una distonia tra la capacità delle istituzioni, tradizionalmente dedicate al controllo dei dispositivi medici, e quel che questi dispositivi medici sono in grado di fare. In alcuni casi, questa discrepanza ha prodotto delle restrizioni forse eccessive, da un lato, e fin troppo permissive dall'altro; di fatto generando caos nel settore tanto a livello nazionale quanto internazionale. Da qui la necessità, a mio avviso, di un soggetto terzo indipendente che faccia sintesi tra tecnologia e normativa al fine di tutelare gli investimenti delle aziende ma soprattutto la salute dei pazienti». 
Non bastano, quindi, secondo lei, codice penale e regolamenti europei? 
«Sicuramente c'è stato un miglioramento col nuovo regolamento europeo per i dispositivi medici che, però, resta comunque in ritardo sulle evoluzioni e sulle scoperte della ricerca scientifica che corre velocissima. Per quanto il legislatore possa essere rapido, arriverà sempre un attimo dopo la scienza. Per di più, i regolamenti disciplinano gli aspetti relativi ai processi qualitativi della produzione. Il codice penale, dice? Beh, di solito questo interviene a valle, quando si sono riscontrati dei fatti-reato. La mia idea riguarda, invece, quell'area grigia dove le violazioni sono più sfumate e difficili da incasellare. Sfuggendo finanche alla individuazione della norma da applicare. Il che, appunto, è il ragionamento alla base della proposta che ho formulato d'intesa con altri operatori del settore: un'agenzia che indichi le linee di comportamento finalizzate a offrire uno schema interpretativo dei regolamenti alla luce della pratica medico-scientifica».
Dall’autorità di garanzia alla commissione d’inchiesta sul Covid il passo è breve: secondo lei, può avere un valore indagare sulla gestione sanitaria della pandemia? 
«Assolutamente sì. La pandemia ha messo il Paese di fronte a una situazione di straordinarietà senza precedenti, e di questo bisogna prendere atto. Ma, superata ormai la fase più acuta della tempesta, conviene fare una riflessione serena e a mente fredda su come, questa fase acuta, è stata affrontata. Sono state rispettate tutte le regole? E se queste regole sono state violate, c'era la consapevolezza dell'intensità della violazione? Il rischio, infatti, è che un evento imprevisto diventi il paravento di tutta una serie di comportamenti che, in condizioni di normalità, sarebbero stati certamente censurabili».
Come giudica la condanna di Elizabeth Holmes per il crac di Theranos, la startup biomedica poi trasformatasi in una gigantesca truffa? 
«Nel mondo scientifico c'erano molte perplessità sui claim diagnostici di Theranos ottenuti con un campione di sangue molto modesto. Ma, al di là del tema tecnico, la riflessione è un'altra: com'è possibile che, di fronte ad affermazioni scientifiche così incredibili, nessuno abbia mai pensato a verificare quei risultati – assolutamente impossibili all'epoca – in maniera autonoma e indipendente, come poi il metodo scientifico impone? Se io le annunciassi di aver inventato il teletrasporto, lei non mi crederebbe. E farebbe bene. E farebbe bene anche la comunità scientifica a verificare questa mia stramba affermazione. Invece, nel caso di Theranos questo non è avvenuto. Ed è inconcepibile. Questo lassismo ha poi consentito alla società di posizionarsi prima sul mercato finanziario e poi su quello commerciale coi risultati che oggi vediamo...».
È davvero così facile fare truffe nel mondo del biotech? 
«Solitamente accade il contrario: una idea davvero innovativa ha molte più difficoltà ad affermarsi rispetto a un'idea incrementale, una idea cioè che migliora quanto già esistente. E questo accade perché viene sottoposta a una serie di valutazioni molto stringenti, molto severe – oserei dire quasi “punitive” – prima di essere finanziata o addirittura immessa sul mercato. Invenzioni che realmente rompono “il tetto di cristallo” hanno vita durissima e, seppur vincenti rispetto agli stress test sui sono sottoposte, non è detto che si trasformino in qualcosa di commerciale. Quindi, non è assolutamente facile perpetrare truffe nel mondo del biotech. Certo, con Theranos è successo. E ancora mi chiedo come quella società, con idee assolutamente innovative ma tutt'altro che dimostrabili, abbia potuto superare indenne tutte le prove di due diligence».

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