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Natalità, il caso della pillola della discordia in un Paese senza bebè

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Gianluca Mazzini
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C’è stato giusto il tempo di prendere atto dell’inverno demografico che sta attraversando l’Italia prima che si scatenasse la polemica. I dati Istat, pubblicati a inizio aprile, hanno evidenziato il record negativo delle nascite dal 1861. Nel 2022 si sono registrati 7 neonati in meno e 12 decessi in più ogni mille abitanti con un italiano su quattro che ha più di 65 anni. Una tendenza in corso da ormai 15 anni. Numeri che hanno infuocato il dibattito politico, complice la dichiarazione del ministro Lollobrigida che ha parlato di incentivare le nascite per evitare «la sostituzione etnica». Insurrezione della sinistra che ha accusato il governo di tollerare derive complottistiche. Uno sfoggio notevole di ignoranza perché non si è a conoscenza che «la sostituzione» è citata in documenti dell’Onu già dal 2000, dove si suggerisce proprio l’immigrazione per sopperire alle carenze demografiche.

Altro giro, altra corsa. Pochi giorni fa è intervenuto il Comitato prezzi dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco che ha espresso parere favorevole per rendere gratuita la pillola anticoncezionale per le donne di tutte le fasce di età. Con un costo totale per le casse dello Stato stimato di circa 140 milioni di euro l’anno. La decisione ha suscitato nuove polemiche. Applausi da Pd e Verdi-Sinistra che, quando c’è una scelta che va contro gli interessi nazionali e contro la vita sono sempre in prima linea. Critiche da parte dei partiti di destra e dalle associazioni pro-life. In Italia sono 2 milioni e mezzo le donne che quotidianamente assumono pillole anticoncezionali, una parte di loro già non paga nulla perché sono centinaia i consultori che offrono gratuitamente i contraccettivi. Dal punto di vista medico l’assunzione di queste pillole non è una passeggiata. L’Aifa stessa raccomanda di prestare attenzione agli effetti collaterali.

Spiega Maria Rachele Ruiu, membro del direttivo di Pro Vita e Famiglia: «Non c’è nulla di più pericoloso perla salute delle donne che banalizzare temi che impattano sulla loro pelle come aborto, contraccezione, gender e prostituzione. La decisione dell’Aifa è grave e pericolosa. Non si dovrebbe spacciare questo medicinale come la panacea senza sottolineare i gravi effetti fisici e psicologici collaterali che possono portare a depressioni e istinti suicidari. Perché invitare le ragazzine a “bombardarsi” di ormoni quando noi tutti ci rifiutiamo di mangiare carne che ne porti una minima traccia? Dov’è finita la tutela della salute delle donne?». Anche Massimiliano Gandolfini, leader del Family Day, spiega di essere sconcertato, «siamo davanti a un provvedimento che va nella direzione opposta rispetto al problema della denatalità» e toglie risorse «che potrebbero venire allocate, invece, per alleviare le gravi condizioni di famiglie che hanno al loro interno disabilità e difficoltà ad acquistare i farmaci». Nota a margine: il CdA dell’Aifa potrebbe sollevare obiezioni rispetto alla sostenibilità economica del progetto. Quello che temono a sinistra. 

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