Altro allarme climatico. Stando all’ultimo studio pubblicato sulla rivista Science e guidato dalla statunitense Syracuse University, a pagarne le conseguenze saranno le foreste. L'analisi mostra come gli alberi abbiano bisogno di almeno 100-200 anni per spostare le loro popolazioni in risposta alle variazioni di temperatura. Ecco allora che secondo i ricercatori, potrebbe servire un maggiore intervento da parte dell'uomo.
Tra questi la migrazione assistita, ossia il piantare alberi provenienti da climi più caldi in luoghi tradizionalmente più freddi. Spostandosi verso Sud, in caso di temperature più fredde, o verso Nord in caso di un riscaldamento. Più nel dettaglio, la tecnica prevede nell'identificare specie e popolazioni particolarmente vulnerabili o a rischio locale, prelevare semi o giovani piantine e procedere al loro trapianto in zone che, in previsione, garantiranno condizioni climatiche adatte per la crescita, la sopravvivenza e la proliferazione. "C'è una discrepanza tra i tempi con i quali le foreste cambiano naturalmente e ciò che sta accadendo oggi con il cambiamento climatico", spiega David Fastovich, primo autore dello studio, insistendo sulla velocità con cui il clima cambia.
Per lui "i cambiamenti a livello di popolazione non saranno abbastanza rapidi da preservare le foreste a cui teniamo". I ricercatori sono anche riusciti a stimare le tempistiche analizzando i dati del polline provenienti da carote di sedimenti lacustri. Queste hanno permesso di risalire indietro fino a seicentomila anni fa. Da qui la conclusione dell'esperto: "Con questa nuova tecnica possiamo comprendere come la dispersione e le variazioni demografiche interagiscono tra loro e come fanno cambiare una foresta nel corso di decenni e secoli, e persino su scale temporali più lunghe: questo non era mai stato fatto prima".