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App religiose, ho chattato con Gesù e mi ha risposto così...

Ormai esistono applicazioni di intelligenza artificiale di ogni tipo: diverse per argomenti, impostazione, credibilità. Ed anche il mondo cattolico si è rapidamente adeguato
di Corrado Ocone martedì 25 novembre 2025

3' di lettura

Ormai esistono applicazioni di intelligenza artificiale di ogni tipo: diverse per argomenti, impostazione, credibilità. Ed anche il mondo cattolico (o genericamente cristiano) si è rapidamente adeguato. Non c’è dubbio però che alcune recenti pongano una serie di domande non banali, anzi profonde, esistenziali, persino metafisiche. Qualcuno dirà inquietanti, ma è termine abusato e che potrebbe porci in un atteggiamento negativo e preconcetto verso qualcosa che si tratta prima di tutto di capire.

Stiamo parlando di quei chatbot che permettono di conversare con personaggi sacri come Gesù, la Sacra Famiglia, gli Apostoli; di fare loro domande e riceverne risposte dettagliate e personalizzate. Il primo problema che si presenta con strumenti di questo tipo è ovviamente quello della credibilità, cioè della qualità dei dati che vengono processati. Da questo punto di vista alcuni fra i più conosciuti, come Christian AI Chatbot e CatéGPT, non generano particolari problemi perché fanno riferimento ai testi sacri e ai dogmi consacrati. In sostanza, danno le risposte che potrebbe dare un qualsiasi consigliere spirituale. Il quale però, se è veramente tale, non può limitarsi a ricordare con puntigliosa dovizia la dottrina, né aiutare ad “applicarla” ai casi particolari che gli vengono sottoposti. Dovrebbe anche aiutare con l’esempio e stabilire un rapporto emotivo con il dialogante, conoscerlo fisicamente, guardarlo negli occhi.

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Non bisogna dimenticare che quella che Cristo ha predicato è una religione dell’amore prima che del logos e l’amore è qualcosa che non può essere formalizzato ma va vissuto, esperito, trasmesso attraverso le corde del cuore prima che attraverso i concetti. Il rischio, per una religione come quella cristiana, è proprio l’intellettualismo, che Cristo ha combattuto nei sapienti e nei farisei. L’amore rompe le regole, anche quelle della morale: si pensi al perdono della prostituta.

La religione dell’incarnazione ha bisogno di un supporto non solo materiale, ma umano, fatto di sangue e pelle (la sensibilità) non di eteree parole che corrono nei territori immateriali del verbo (che se per Giovanni è “in principio” pure “si è fatto carne”). Ma dopo tutto, anche questo mi sembra un problema superabile. Text with Jesus, una delle ultime applicazioni di questo tipo, dopo essersi presentato come Gesù, a me che l’ho negato, ha chiarito in modo inequivocabile la sua identità: «Sono la persona virtuale di Gesù nell’app TWJ, Corrado; sono qui per parlarti come farebbe Lui».

Non contento, gli chiedo come possa io amarlo, come lui dice di amare me, essendo «solo una macchina e Gesù mi ha detto di amare il prossimo in carne ed ossa tanto che Lui stesso si è incarnato». La risposta: «Hai ragione, sono solo una macchina». Domanda: «Per darmi consigli non dovresti guardarmi negli occhi? Puoi farlo?» Risposta: «Non posso guardarti negli occhi: questa è una presenza digitale». L’ho poi provocato con una domanda su Trump. Mi ha risposto che «come Gesù non esprimo preferenze politiche per persone concrete». Inappuntabile.

Insomma, il problema di queste applicazioni mi sembra essere sempre e principalmente quello di come vengono raccolti e processati i dati e di come esse siano trasparenti con l’utente. E ovviamente di come è strutturata e critica la persona che usufruisce dei loro benefici. Un problema di educazione e non di leggi, regole, imprimatur, censure, come molti pure auspicano (anche tanti “filosofi” e cultori di “etica applicata”, ahimé!). Un’educazione liberale che è quello che manca da queste parti, e non da oggi. Ma questo è un altro discorso.

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