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Zafferano introvabile, copre il 3% del fabbisogno

di Attilio Barbieridomenica 21 settembre 2025
Zafferano introvabile, copre il 3% del fabbisogno

(Pixabay)

4' di lettura

Nel 2025 ricorrono i 20 anni dal riconoscimento dei primi zafferani Dop italiani, quello dell'Aquila e il gemello di San Gimignano, che ottennero la Denominazione d'origine protetta nel 2005. Eppure questi prodotti di eccellenza rimangono praticamente invisibili negli scaffali dei supermercati. Un paradosso che racconta la storia di un'eccellenza troppo pregiata per essere accessibile. La matematica della scarsità spiega tutto. L'Italia produce da 450 a 600 chilogrammi di zafferano all'anno su una superficie ridottissima di 50-55 ettari complessivi. Il fabbisogno nazionale è tutt'altra cosa: consumiamo complessivamente 23 tonnellate annue e 22.472 chilogrammi arrivano dalle entrate per un valore di 22,9 milioni di euro. Il nostro grado di autoapprovazione si ferma ad appena il 2-3%. E dire che ogni italiano consuma mediamente 0,38 grammi di zafferano all'anno, l'equivalente di 2-4 bustine standard.

L'analisi dei prezzi al pubblico rivela perché le Dop italiane sono fantasmi della grande distribuzione. Lo zafferano comune venduto nei supermercati ha già prezzi molto elevati: le marche commerciali oscillano tra 6.300 e 15.300 euro al chilogrammo. Lo zafferano Dop italiano viaggia su dimensioni economiche completamente diverse. Quello dell'Aquila costa da 25.000 a 35.000 euro al chilogrammo, mentre il San Gimignano Dop venduto online tocca i 60.000 euro al chilo. Per avere un'idea delle proporzioni nella borsa della spesa una singola bustina da 0,1 grammi di San Gimignano Dop costa 6 euro al pubblico, contro 1-2 euro delle bustine comuni.

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Resta il fatto che importiamo almeno il 97% dello zafferano che consumiamo. L'Iran domina il mercato con il 90% della produzione mondiale pari a circa 160.000 tonnellate annue. La Spagna gioca un ruolo di intermediario cruciale: importa il 50% della produzione iraniana per poi riprocessarla e distribuirla in tutta Europa, Italia compresa. Il mercato globale vale 1,3 miliardi di dollari nel 2025, e l'Italia vi partecipa principalmente come importatrice: quei 22.472 chilogrammi per 22,9 milioni di euro ci posizionano tra i maggiori consumatori europei, ma con una produzione interna irrisoria.

Lo Zafferano dell'Aquila Dop, riconosciuto nel 2005, viene coltivato in 13 comuni dell'Altopiano di Navelli. Lo Zafferano di San Gimignano Dop, stesso annodi riconoscimento, è limitato al territorio dell'omonimo comune toscano. Lo Zafferano di Sardegna Dop, riconosciuto nel 2009, si concentra nei comuni di San Gavino Monreale, Turri e Villanovafranca. La loro invisibilità ha spiegazioni concrete. La produzione è limitatissima: le tre Dop rappresentano solo una frazione dei già scarsi 600 chilogrammi nazionali ei costi sono proibitivi per la grande distribuzione: servono da 150mila a 200mila fiori raccolti rigorosamente a mano all'alba, quando sono ancora chiusi, per ottenere un solo chilogrammo di prodotto. Il processo è rimasto identico da secoli, il che spiega perché lo zafferano sia prezioso quanto l'oro metallico.

In realtà il fenomeno dell'invisibilità non si limita alle tre Dop. L'Italia vanta un vero e proprio arcipelago di oltre 20 varietà territoriali di zafferano, ciascuna legata a specifici territori e tradizioni locali. Tra i Pat (Prodotti agroalimentari tradizionali) troviamo lo Zafferano della Tuscia nel viterbese, quello della Valle dell'Aniene in provincia di Roma, lo Zafferano aretino, quello delle Colline Fiorentine, il purissimo di Maremma in Toscana, quelli di Cascia e di Città della Pieve in Umbria.

Le Denominazioni comunali (De.Co) raccontano storie di rinascita produttiva: lo Zafferano di Lonato del Garda e quello di Angera in Lombardia (entrambi riconosciuti nel 2021), quello di Coggiola in Piemonte nel 2019, fino al recentissimo Zafferano di Nonantola nel 2023. Ci sono poi realtà come lo Zafferano di Rosso in Liguria (nelle Piane di Rosso, frazione di Davagna), quello delle colline Pavesi a Volpara, quello di Morgex in Valle d'Aosta, quello della Brianza che abbraccia sei comuni lombardi, e il Presidio Slow Food dello Zafferano di San Gavino Monreale in Sardegna. Tutte queste realtà rimangono confinate negli stessi circuiti distributivi specializzati delle Dop: vendita diretta in azienda, gastronomie di alta gamma, e-commerce di nicchia, mercatini locali. Un patrimonio di biodiversità e tradizioni che tocca praticamente ogni regione italiana ma resta invisibile al grande pubblico.

La questione non è solo quantitativa ma economica. Anche se l'Italia riescesse a moltiplicare la produzione e superare l'attuale 2-3% di autoapprovvigionamento, il problema dei prezzi rimarrebbe insormontabile. I metodi di coltivazione tradizionali, la raccolta manuale, la lavorazione immediata degli stimmi sono processi che non possono essere industrializzati senza perdere la qualità che rende unico lo zafferano italiano. Questo significa che anche con volumi maggiori, il costo di produzione rimarrebbe strutturalmente superiore a quello iraniano odi altri paesi che utilizzano metodi intensivi e possono contare su un costo della manodopera infinitesimo rispetto al nostro. La grande distribuzione continuerebbe a preferire lo zafferano che costa da 6mila a 15mila euro al chilogrammo piuttosto che quello italiano a 30mila euro, escludendo dagli scaffali le nostre eccellenze comunque inadatte ai circuiti commerciali di massa.

Ed è puro difficile che i pesi sul mercato possano cambiare. «Per fare un chilogrammo di zafferano servono 150mila fiori e 600 ore di lavoro», racconta a Libero Lorenzo Bazana, responsabile economico di Coldiretti, «con picchi di fabbisogno di manodopera esagerati perché la raccolta si concentra in un periodo ben definito nell'anno, da metà ottobre a metà novembre. Si fatica a reperire la manodopera necessaria ea professionalizzare questa attività. Così è inevitabile che il grosso della produzione italiana di zafferano avvenga con manodopera familiare nelle aziende agricole multifunzionali che gestiscono piccole superfici a zafferano, con una produzione che può essere commercializzata con profitto direttamente o nei mercati di Campagna Amica». A fornirci le dimensioni del fenomeno è Pio Feneziani, storico produttore di zafferano dell'Aquila e sindaco di San Pio delle Camere, uno dei tredici comuni della Dop. «Il nostro è un mercato soprattutto locale, anche perché i 40 chilogrammi di produzione annuale, rendono difficile l'ingresso nella grande distribuzione», spiega. A prescindere dai prezzi, che sempre secondo Feneziani, «vanno da 25 a 35 euro al grammo».

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