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Maurizio Ferrini, che fine ha fatto la Signora Coriandoli? "Dalla fama alla fame", ridotto così

Davide Locano
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Come quando, mascella di granito e sguardo ducesco, faceva il venditore di pedalò a Quelli della notte, Maurizio Ferrini, per anni non capiva ma s' adeguava. L' essere uscito dal radar dello showbiz era diventata, per lui, una jattura conclamata. Cesenate, classe '53, Ferrini è riemerso nella prima trionfale puntata della Domenica in di Mara Venier. E da lì il fato è tornato ad essergli benigno. Si è ripresentato in tv come protagonista di una versione cialtrona di X Factor, travestito da milf tirolese ferocemente innamorata di Nino Frassica. Il pubblico è tornato ad applaudirlo. «Oplà, rieccomi. I miei angeli sono stati Barbara D' Urso, ma soprattutto Eleonora Daniele e la Venier che mi hanno richiamato nei loro programmi, nonostante per molti anni mi precedesse la voce che fossi un pazzo inaffidabile (e meno male che non mi attribuivano le dicerie sulla sfiga alla Mia Martini, sarei morto...). La maldicenza è una cosa orribile». Leggi anche: "Cosa ho pagato carissimo": la confessione di Maurizio Ferrini Ferrini è stato il centromediano della comicità anni 90. Aveva iniziato come battutista visionario alle Feste dell' Unità («Devo tutto all' Arci»); e dopo aver frequentato psicologia e medicina, e la scuola milanese per visual designer di Bruno Munari, si era avventurato in America. «Sono bilingue. Uscivo dall' HB Studio, da dove provenivano Jack Lemmon e Steve McQueen. Mi ero buttato come un kamikaze nei locali newyorkesi dove gli stand up comedian, i cabarettisti locali, venivano sfruttati all' osso. Nel frattempo facevo il cameriere, un posto sicuro...», dice lui. L' ESPLOSIONE NEL 1985 Quando, nel 1985 esplose Quelli della notte Ferrini divenne l' incarnazione della nuova ironia arboriana mescolata alla verve da Lenny Bruce romagnolo. Il suo motto "Non capisco ma mi adeguo" venne pronunciato da Luciano Lama nelle trattative per il contratto nazionale dei metalmeccanici; i suoi caratteri, dalla signora Coriandoli al venditore di pedalò, furono le maschere dell' Italia andreottiana che si avviava verso la grande crisi col sorriso. C' era un tempo in cui lo chiamavano 4/5 volte al giorno per girare dei film. Un giorno arrivò la telefonata pure di Sergio Leone in veste di produttore di In viaggio con papà con Carlo Verdone, «mi chiese la disponibilità per il ruolo di Sordi, risposi: aspetti che chiedo consiglio ad Arbore. Poi, non so perché, forse ero in trance, ma lo tenni sulle spine e gli dissi di no. Da allora divenni "lo stronzo che disse no a Sergio Leone", e il cinema cominciò a rigettarmi come un corpo estraneo. Il bello è che avevo rimosso la telefonata come quando fai un frontale in autostrada». Una bischerata. Che lo stava facendo entrare in una bizzarra "modalità autoesilio". Peraltro, la stessa situazione si ripropose col produttore Aurelio De Laurentiis che lo cercò per un ruolo in Yuppies, e lui rifiutò con sdegno («era una parte che con me non c' entrava un cazzo»). Ovviamente Yuppies fu un successo e segnò un' epoca. Medesimo copione col regista Giuseppe Bertolucci che aveva lanciato Benigni in Berlinguer ti voglio bene: «Mi chiamò per cucirmi addosso un personaggio che non mi sentivo. Rifiutai. E fu la fesseria definitiva, uscii dai giri del grande cinema romano di sinistra prima ancora di entrarci...». Il grande cinema, in seguito a queste impuntature professionali dal sapore grottesco, Ferrini lo sfiorerà soltanto. Una particina in Animali metropolitani di Steno, un' altra in Sognando la California con Vanzina, il cameo tristissimo in Compagni di scuola di Verdone. Poi la signora Coriandoli sparì. Non riuscirono più a trascinarla sotto i riflettori nemmeno gli amici più cari, come Antonio Ricci e lo stesso Arbore. «Da allora ho speso quasi tutti i soldi che avevo. Sono arrivato al punto di fare serate a 300 euro, quasi a chiedere l' elemosina. Ero entrato in depressione, l' unica cosa che continuava a girare era la creatività. Ho prodotto talmente tante opere di visual art che ora vorrei farne una mostra...». LE CARTE DEL VATICANO Poi Ferrini tornò sugli scudi della cronaca per aver recuperato la cassa dei conti segreti del Vaticano di tal monsignor Dardozzi, numero tre di molti papi nell' ultimo ventennio. Un florilegio di carte segrete che Ferrini fece planare sui cassetti di Maurizio Belpietro e Gianluigi Nuzzi il quale ne trasse un libro di successo mondiale, Vaticano Spa: «Era una cassetta di un metro per un metro tipo Ikea, pensavo contenesse le rivelazioni di una conversione, mica degli affari sporchi della Chiesa. Mi sentii tradito dalla persona che mi rese depositario di tutta quella dinamite...». Oggi che è uscito dal cono d' ombra, grazie all' amica-produttrice Sonia Guglielmi, Ferrini progetta un film «sull' anatomia del comunista romagnolo, il figlio della signora Coriandoli metafora di un' Italia nascosta che ho sempre maldigerito». Ce la farà, probabilmente, anche stavolta... di Francesco Specchia

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