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Giuliano Amato si sospende la pensione: così salva quella degli altri giudici

Eliana Giusto
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La fantasia non poteva andare al potere dopo il 1968, perché c'era già da prima. Sedeva alla Corte costituzionale. Le prove le trovate qui di seguito, in una storia incredibile, che ha tre chiavi di lettura: a. l'irrilevanza delle leggi scritte; b. la posizione personale di Giuliano Amato; c. la corsa per scalare il Colle. Leggo il testo della lettera che l'Inps ha spedito a Giuliano Amato, giudice costituzionale, nel novembre dell'anno scorso. Gli comunicano che, come da richiesta di Amato stesso, la sua pensione, fin da ottobre, non verrà pagata e sarà sospesa «ai sensi dell'art. 12 secondo comma della legge 11 marzo 1953, n. 87». Il consueto linguaggio fatto di rimandi, ma il senso è chiarissimo: ad Amato si imputa di cumulare pensione, vitalizio ed emolumento, mentre prende solo quest'ultimo. Siccome ciò contrasta con quel che si sente dire ovunque, m'insospettisco e vado a prendere la citata legge. Tenetevi forte. Il primo comma, non citato nella lettera dell'Inps, stabilisce quanto sono pagati i giudici della Corte costituzionale: «…hanno tutti ugualmente una retribuzione corrispondente al complessivo trattamento economico che viene percepito dal magistrato della giurisdizione ordinaria investito delle più alte funzioni…». Bene, ora leggete il secondo comma, quello che l'Inps afferma di applicare, su richiesta dell'interessato: «Tale trattamento sostituisce e assorbe quello che ciascuno, nella sua qualità di funzionario di Stato o di altro ente pubblico, in servizio o a riposo aveva prima della nomina a giudice». Quindi il cumulo non si può fare! Ma, allora, di che si sta parlando, da anni? Ed è qui che viene il bello, perché i giudici costituzionali cumulano, laddove la legge del 1953 esclude che sia lecito. Come è possibile? Perché nel 1968 è approvata una legge avente valore generale, che introduce la possibilità di cumulo fra pensione e retribuzione. Dopo di che ci fu subito chi, dalla Corte costituzionale, interrogò il Consiglio di Stato: secondo voi, noi giudici costituzionali rientriamo in quella norma a valenza generale? Praticamente una domanda che contiene la risposta, mentre dal Consiglio di Stato non gli par vero di fare un simile favore ai membri della Consulta. La risposta fu: ma certo che sì. Quindi, riassumendo, la legge del 1953 è ancora in vigore, ma interpretata alla luce della legge del 1968 e del parere del Consiglio di Stato, si può ben fare l'opposto di quel che stabilisce. Amato non ha fatto altro che chiedere, sessantuno anni dopo, l'applicazione della legge ancora vigente. Il che sospende il pagamento non solo della pensione, ma anche del vitalizio da ex parlamentare. Di certo non correndo il rischio dell'indigenza. E gli altri? I suoi colleghi? Per loro, oggi, vale la legge o l'interpretazione che stabilisce l'opposto? E stiamo parlando del consesso che giudica sulla costituzionalità delle leggi, mica del collegio arbitrale preposto alla risoluzione di contrasti fra pecorai. Per quel che riguarda Amato, che entrò in Parlamento a 45 anni, già professore ordinario, quella sospesa è una pensione di circa 22.000 euro lordi al mese, pari a circa 11.000 netti. Un importo quindi inferiore ai tetti fissati dai governi Monti e Renzi. Percepiva, oltre alla pensione, il vitalizio, ma la banca lo girava automaticamente ad un istituto di beneficenza. Da quando è alla Corte, anche il vitalizio è cessato e il contributo a quell'istituto grava sullo stipendio di giudice. In passato ha ricoperto molti incarichi, ma non ha voluto riscuotere le indennità per essi previste: così è stato per la presidenza della Treccani e per quella della Scuola Superiore S. Anna, come per il compenso quale presidente dell'International Advisory Board di Unicredit, che è andato in parte a finanziare una cattedra di studi europei alla Columbia University di NY, in parte a un centro di attività benefiche. Ha inoltre scritto per anni su Il Sole 24 Ore senza alcun corrispettivo. La corsa al Colle non ha giudici popolari, ma parlamentari (e delegati regionali). Non è una corsa basata sulla popolarità. Anzi, qualche precedente induce ad essere cauti, nell'eleggere chi punta a quella. Eppure l'impopolarità è agitata quale ostacolo. Ci possono essere svariate ragioni per considerare negativamente l'eventualità che Amato risieda al Quirinale. Io stesso ho avuto motivi di polemica con lui, in passato, così come ho ripetutamente apprezzato le sue indubbie capacità. Fra le sue qualità non è compreso il coraggio. E non è difetto da poco. Oggi, e l'ho ripetutamente scritto, trovo che sia la migliore scelta possibile. O, se preferite, la meno disdicevole. Fra le possibili, intendo. Se c'è una ragione che mi fa dubitare è la medesima che mi fa sperare: la politica estera. Da una parte è un bene che l'Italia abbia un solido ancoraggio occidentale, europeo e fra gli amici d'Israele. Dall'altra di presidenti con una propria politica estera ne abbiamo già avuto uno, Giovanni Gronchi, e non andò bene. Ma di tempo ne è passato e di Giorgio Napolitano abbiamo sentito elogiare anche i legami internazionali. Grazie al cielo l'inquilino uscente non brilla per coerenza, mentre l'armata rossa era già stata fatta a pezzi. di Davide Giacalone

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