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Biagio Antonacci. "Parto per il tour, ma per recitare in un film rinuncerei alla musica"

Lucia Esposito
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 La canzone-manifesto del 2014 di Biagio Antonacci è Dolore e forza. Il perché lo comprendiamo durante un incontro romano molto intimo con il cantautore di Rozzano che, oggi, compie 51 anni e festeggia con un doppio sold-out le due date d'avvio de L'amore Comporta Tour. Un viaggio nei palasport durante il quale Biagio racconta la propria storia di musicista, di autore, di cantante e che andrà avanti sino a Natale prima di una ripresa nella prossima primavera. Al centro del piatto ci sarà, ovviamente, l'album campione d'incassi che dà il nome al tour, inserito ora da Sony in un nuovo cofanetto-cadeau che contiene il dvd dei concerti estivi a San Siro e Bari, e i singoli usciti nei mesi scorsi, tutte hit in radio: Ti penso raramente, Tu sei bella, l'ultimo Ho la musica nel cuore  e, qui veniamo al punto, il filosofico, per Biagio,  Dolore e forza. Un'annata favolosa con una finestra, però, aperta sul buio più assoluto: un giorno papà Paolo ti ha detto addio e quella volta hai pensato che i dischi venduti, il successo, i soldi passano in secondo piano rispetto a certe scadenze della vita, vero? «A tal punto che poco dopo la sua morte, ho deciso di stravolgere l'ordine dell'uscita dei miei singoli estratto dal cd  L'amore comporta: in agenda c'era la pubblicazione di Ho la musica nel cuore e invece ho imposto alla casa discografica di puntare su Dolore e forza, brano che simboleggiava il mio stato d'animo».  Dolore e forza: un ossimoro? «Era una canzone il cui testo l'ho composto in cinque minuti che papà, uomo che mi ha insegnato il senso del dovere, amava molto: la prima volta che gliela feci ascoltare si entusiasmò molto. Per questo motivo, quando la canto dal vivo, mi commuovo sempre». Iniziare un tour è una prova del nove? «Mi sento come un artista piccolo piccolo che riparte da zero e si testa durante quelle 25 canzoni che prova dal vivo. Una prova d'umiltà più che del nove». A 51 anni stai cominciando a fare un bilancio della tua vita da popstar e da uomo amatissimo da tre generazioni di donne? «Sì. Ma vedendo mio padre morire, ho scoperto che la vita è un po' una presa per i fondelli. Se la prendi seriamente, perdi sempre. Quindi bisogna metterla sul piano della leggerezza». Dovessi improvvisare uno spot per invitare la gente a venire al tuo show, cosa ti inventeresti? «È un live eccitante con la musica di Biagio, un po' rock, un po' unplugged, un po' show spaziale tra grandi display e atmosfere satellitari». La sopresa dove è? «Nel batterista: si chiama Mika Ronos, un ragazzino della Repubblica Ceca che ho scovato navigando su YouTube e ho deciso di portarlo con me in tour». E il pistolotto finale sulle donne? «È in difesa di D.i.R.e., associazione che protegge le donne contro ogni tipo di violenza. Le donne hanno un grafico superiore a quello dei maschietti, hanno un livello di sensibilità e di sofferenza superiore al nostro. Penso che quando fanno violenza a una donna è come la facessero a tua madre». Tuo figlio Paolo ha inciso album hip-hop. Da grande farà il rapper? «Ama quella musica ma adesso sta studiando Pubbliche Relazioni a Milano. La musica può essere una meravigliosa fuga dalla realtà». Per il Biagio 15enne lo era «Io fuggivo da Rozzano per la musica. Andavo in bicicletta, sotto la pioggia, in un cinema di Basilio a provare. Il Dna dell'ultimo singolo Ho la musica nel cuore, un reggae piuttosto gioioso, nasce allora». Che Italia intravedi, oggi, dal palco? «Da educare. Tradita dai politici ma piena di energia». Il successo è…? «Salire sul palco, il palasport pieno che ti rende un'ovazione prima ancora che tu abbia iniziato a cantare». Il sogno numero 1 nel cassetto del Biagio 51enne? «Incidere un'altra canzone per Mina dopo il brano Mille motivi, del 1993». Sogno numero 2? «Condurre uno show in tv con Celentano». Sogno numero 3? «Un film! Da anni lo penso, da quando Tornatore mise gli occhi su di me. Per recitare smetterei anche di cantare, per qualche mese. Aspetto il copione giusto. Arriverà?». Leonardo Iannacci

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