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Nord-Est, rallenta la locomotiva veneta: la colpa è tutta di Roma

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Francesco Specchia
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 Il motore sbuffa a fatica. «In tempi in cui si cominciava/la guerra santa dei pezzenti/sembrava il treno anch' esso un mito di progresso/ lanciato sopra i continenti». Quando cantava La Locomotiva Francesco Guccini da non-veneto- secondo me pensava al grande cuore produttivo del nord-est. La novità è che quel cuore, oggi, ha l' affanno: il Veneto, la grande locomotiva - appunto - dell' industria italiana sta diventando bradicardico. Nel terzo trimestre 2019 la Regione registra una crescita moderata e un mercato estero debole: a dirlo è VenetoCongiuntura, l' analisi congiunturale sull' industria manifatturiera realizzata da Unioncamere del Veneto su un campione di oltre 1.700 imprese con almeno 10 addetti. I dati sono impietosi, specie in un momento in cui l' autonomia differenziata s' allontana e l' acqua alta di Venezia annega ogni speranza di crescita: «Nel periodo suddetto la produzione industriale del Veneto ha registrato una crescita del +1,7% rispetto allo stesso trimestre del 2018, +1,9% per le imprese fino a 49 addetti e +1,5% per quelle dai 50 addetti in su. In soldoni, la regione più attiva d' Italia sbuffa di fatica». Certo, poi ci sono le attenuanti generiche. Ci sono i dazi e l' economia mondiale, e il commercio internazionale che stanno rallentando; e determinano un aumento del Pil asfittico, roba da "zero virgola": +0,1% nel 2019, +0,4% nel 2020. E, certo, il fatturato totale è +0,9% e gli ordinativi sono +1,1%, e le eccellenze del territorio sono sempre orgogliosamente fiere di esserlo. «zona cesarini» Però, insomma, «siamo in zona Cesarini! I dati parlano chiaro, gli imprenditori sono stanchi di continuare a rincorrere la palla senza andare mai a segno, hanno dato e stanno dando il massimo per restare al passo, ma troppa burocrazia, troppe tasse e scarse risorse rischiano di far perdere al Veneto la partita della competitività» commenta Mario Pozza, presidente Unioncamere Veneto: «Le Camere di Commercio ce la stanno mettendo tutta per dare alle imprese il supporto e i servizi utili all' internazionalizzazione, alla trasformazione digitale, all' orientamento al lavoro e alle professioni, nonostante da quattro anni siano appese a una riforma, assolutamente a costo zero per lo Stato, ma che nessuno ha il coraggio di portare a termine». Pozza sventola, a Verona, la nuova ricerca Unioncamere Veneto-SWG che dà voce a imprese (in numero di 400) e cittadini veneti (966). Tutti incazzatissimi. Per loro le tasse, la burocrazia e gli investimenti esiziali sono i principali fattori che frenano lo sviluppo e la crescita economica della propria terra. Il 62% degli intervistati considera la burocrazia statale il primo freno allo sviluppo e al fare impresa, il 59% accusa la forte tassazione dello Stato, «il 28% attribuisce la colpa alla mancanza di una politica che aiuti a trattenere i giovani talenti, il 27% lamenta la mancata autonomia regionale, il 21% la carenza di investimenti in infrastrutture da parte dello Stato e il 17% la mancanza di una politica nazionale a favore di investimenti privati sul territorio». voglia di autonomia E qui, torna, prepotente, la voglia di autonomia di cui il governatore Luca Zaia è da sempre un diapason culturale. Secondo i cittadini, infatti, a limitare lo sviluppo del Veneto sono perlopiù fattori nazionali (71%), più che quelli locali 12% e internazionali 12%. La sensazione generale è quella della trascuratezza oramai endemica da parte dello Stato patrigno. Roma, ancora una volta, i veneti non se li fila di pezza, e i veneti lo sanno. Il 47% degli intervistati pensa che a penalizzare maggiormente l' innovazione del sistema economico della regione siano i ridotti investimenti in ricerca e sviluppo, il 36% la mancanza di investimenti nazionali nell' innovazione tecnologica, il 20% una banda larga ancora insufficiente e il 19% lo scarso sostegno al mercato digitale dell' e-commerce. Non solo. C' è il problema atavico delle infrastrutture mai realizzate come la terza corsia sulla già affollata A4 ( la chiede il 35% della popolazione), il completamento della Pedemontana (31%) avversato oggi dal M5S e l' investimento nelle banda larga (27%). «Mentre per i neo imprenditori le priorità sono lo snellimento delle pratiche burocratiche (44%), la riduzione del costo del lavoro e un aumento delle agevolazioni fiscali (31%) e un accesso al credito più facile (21%)», conclude la ricerca. E dire che, soltanto nel 2018, il Veneto sorrideva per la prospettiva di un nuovo boom industriale che aveva reso la sua manifattura e il suo export tra i migliori al mondo. Ora, in linea con lo scoramento derivato dall' indifferenza mostrata da questo governo verso l' operoso nord-est, la locomotiva si sta stufando di trainare, sbuffa di fatica e disamore. Anche se - come al solito, è il Veneto! - continua tenacemente a mantenere il passo. 

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