Serata finale al Festival

Sanremo, Crozza: monologo flop, Maurizio è meglio come cantante

Matteo Legnani

Nell'edizione più flop del festival di Sanremo, anche il tanto atteso monologo di Maurizio Crozza non passerà certo agli annali della storia della televisione. Dopo le polemiche dello scorso anno, in cui le proteste del pubblico contro il suo intervento politico lo avevano addirittura costretto a interrompersi, quest'anno il Crozza nazionale è apparso sul palco dell'Ariston nascondendosi dietro a uno scudo con la scritta "Pace". E da lì praticamente non è mai uscito. Ma l'anno scorso c'era la campagna elettorale in pieno regime, con Berlusconi che stava recuperando terreno sulla sinistra. Quest'anno c'è Renzi. E così, al posto della satira, Crozza ci ha rifilato un noiosissimo pippone su disastri e bellezze del Paese italico, tra Michelangelo e Giovanardi, Meucci e Razzi, Guido D'Arezzo e Grillo ("è un pazzo mitomane come Napoleone"), Cappelle Sisitine e treni deragliati che non si riesce nemmeno a rimuovere dai binari. Roba da far scappare anche gli ultimi spettatori di Fazio e Littizzetto. Poi, imitando un italico tenore, soffiando per qualche minuto il ruolo ai cantanti, ha intonato un pezzo sempre sugli italici peccati e virtù. Infine, si è infilato gli ormai famosi dentoni e parrucca da Renzi. Ma di battute al fulmicotone sul Rottamatore nemmeno l'ombra: due minuti mosci mosci sul linguaggio del neopremier ("E che ne so cosa ho detto, non mi sono capito nemmeno io") e via.