"La tazza di Sara", basta illusioni: la canzone di Luca Me simbolo della generazione Millenials:

di Gianluca Venezianisabato 3 aprile 2021
"La tazza di Sara", basta illusioni: la canzone di Luca Me simbolo della generazione Millenials:
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Siamo realisti, vogliamo il possibile. Oggi non è più tempo dell’immaginazione al potere di matrice sessantottina; la vera rivoluzione è essere realisti. Si può leggere così il nuovo singolo del cantautore Luca Me (nome d’arte di Luca Mele, già vincitore di un Roxy Bar e sodale di Fabrizio Moro), La tazza di Sara, appena pubblicato su Spotify (ascoltala qui), finora il suo lavoro più maturo e compiuto.

Il brano si inserisce nel solco della migliore musica indie pop, con un attacco che evoca le atmosfere lievi e insieme dense e pregne di senso di un Brunori Sas. L’orecchiabilità del ritornello assicura alla canzone una facile memorizzazione e predispone al riascolto. Ma dove il pezzo dà forse il meglio di sé è nel testo che condensa, con toni leggeri e autoironici, lo scontro tra aspirazioni e frustrazioni, in cui deve imbattersi oggi la generazione Millenials.

C’è l’ambizione a fare cose grandi, a volere essere «come Alda, Dante o  qualche altro poeta», il desiderio inesauribile di Infinito, l’urgenza di una pienezza nutrita di buone idee: «per ribaltare la storia, una penna al potere e in testa la fantasia», scrive Luca Me. Ma poi c’è l’urto con la quotidianità che si consuma, magari a sera, quando si fanno i conti con la realtà, si sbattono «i sogni sul cuscino» e si affogano i propri dispiaceri dentro una tazza di caffè caldo, la tazza di Sara, mescolando incautamente «zucchero e sale», e cioè la dolcezza della vita sognata e il sapore salato di quella che ci è toccata in sorte. Così il protagonista, alter ego dell’autore, ha modo di guardare con lucidità e un certo disincanto anche la vita a due che poteva essere e non è stata, quella possibilità solo sfiorata di essere tutto e ovunque ma poi abortita perché, alla fine, «tu vai via». 

Forte di questo carico di esperienze, progetti e delusioni, Luca Me può guardare in faccia il domani rivolgendo la testa in alto e restando ben piantato a terra, «coi sogni leggeri, ma i piedi pesanti», come direbbe Vecchioni.