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Plan75, incentivi a chi uccide i nonni: il film-choc dal Giappone

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Il Giappone non è un paese per vecchi. Giusto un gradino sopra rispetto all’Italia e in questa vegliarda classifica. Noi siamo al secondo posto, lo stato nipponico è primo nel mondo per popolazione anziana. Così il cinema, si fa per dire, ha trovato e inscenato la soluzione che si intitola Plan75. Il film è da oggi anche nelle sale italiane e rappresenta un intenso dramma sociale, dove si immagina un Giappone distopico nel quale agli anziani, dai 75 anni in su, viene offerta la possibilità a carico dello Stato, e dietro pagamento di benefit anche per agli eredi, di praticare l’eutanasia. La pellicola, che ha debuttato al Festival di Cannes 2022 dove ha vinto la menzione speciale alla Camera d’or, è stato il candidato del Giappone all'Oscar come miglior film internazionale.

FATTO DI CRONACA - La regista, Chie Hayakawa, si è ispirata a un fatto di cronaca realmente accaduto sette anni fa, nel 2016, quando un giovane di vent’anni, ex dipendente di un centro d’assistenza per disabili, entrò nella struttura dove aveva lavorato e uccise 19 pazienti, ferendone altri 26, con l’intento di liberare il mondo dai disabili. La rabbia, il disagio, la mancanza di empatia e di pietà intergenerazionale sono dunque alla base di una storia certamente (e fortunatamente) solo di fantasia che si sviluppa però nei meandri più profondi di una nazione in pieno inverno generazionale.

 

 

Plauso generale per l’interpretazione della protagonista, l’attrice 81enne Chieko Baisho, una delle dive giapponesi più amate. Nel film la Baisho è una donna ultrasettantenne sola, che dopo il licenziamento dall'impiego di cameriera in un albergo, non trova più nessuno che le dia lavoro. Per questa ragione inizia a valutare l’eutanasia volontaria proposta dal piano governativo Plan75 che viene proposto alle future vittime con modalità che ricordano quelle dei tour operator, dove ovviamente i propalatori della causa solo tutti giovani dai profili, almeno all’inizio, decisamente bui. Tutto ciò fino a quando i ragazzi addetti al macabro servizio finiscono per trovarsi a contatto diretto con il problema, ovvero la scelta operata da qualche loro familiare. Passaggio che rappresenta una sorta di svolta narrativa verso un possibile ravvedimento. Anche se, va ricordato, manca il pathos del thriller odi quella che adesso chiamano linea crime, per il semplice fatto che il boia è lo stato stesso, autorizzato da una scelta volontaria dei pazienti, “ammalati” solo di vecchiaia. A proposito di boia, non mancano neppure i “traghettatori” di anime o meglio di oggetti appartenuti ai poveri vecchi auto-sacrificatisi. A occuparsene è una lavoratrice filippina, emigrata in Giappone per guadagnare i soldi necessari a curare la figlia.

 

 

ODIO SOCIALE - A pensarci bene ulteriore tragica e paradossale rappresentazione di un odio sociale pronto ad autoassolversi. Detto ciò la regista, forse per sembrare meno corva e menagrama, parlando con l’Ansa, ha provato a trovare anche un raggio di sole. «I protagonisti giovani all’inizio sono freddi, distaccati, ma poi conoscendo gli anziani di cui si trovano a occuparsi, comprendono di essere stati condizionati da un sistema inumano. In questa presa di coscienza vedo la speranza», dice. E passi per il film. Peccato che fuori dalla pellicola, nella realtà, ci siano personaggi come il 38enne assistente alla cattedra di economia a Yale, Yusuke Narita. Mortifero prof che nel 2021 aveva ipotizzato davvero una soluzione finale per la società giapponese: il suicidio di massa degli anziani. Frasi poi parzialmente riviste e ridotte al livello della metafora. Qualcuno metaforicamente, in giapponese, i morti li avrà imprecati contro di lui. Chissà come si dice da quelle parti. 

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