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Sanremo 2024, le baby-star in crisi adolescenziale che sono da Zecchino d'oro

Alessandra Amoroso

Ginevra Leganza
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Non ho l’età, cantava Gigliola Cinquetti a Sanremo. Minorenne e impaziente d’amore, la ragazza vinceva pure. Era il ’64. Ed eccoci oggi. Sempre senza età, ecco i maggiorenni del ’24 (secolo nuovo).

Venti-trentenni che anche loro, come la Cinquetti a distanza di sessant’anni, proprio non hanno età. O perlomeno, non si capisce bene quanti anni hanno. Invero vaccinati, in età da marito, c’è da dire che costoro fondono e confondono l’Ariston con lo Zecchino d’oro. Ma andiamo con ordine.

Prendete per esempio la cantante di Lecce, Alessandra Amoroso, che in conferenza stampa legge la valanga di commenti social (vulgo: shitstorm) che gli odiatori le scrivono quotidianamente: «devi morire», «fai schifo», «sei brutta».

Un fracco di cattiveria che si presume ferisca tantissimo a tre anni, ferisca tanto a tredici, ma che a trenta, insomma, anche no. O se non altro si presume ferisca quel poco che serve - o quel tanto che basta - per capire le regole base dell’esistenza adulta e social (regola numero uno: non si legge mai ciò che scrive uno sconosciuto).

 

 

IL CASO AMOROSO - Amoroso di anni ne ha trentasette, ma in conferenza stampa legge gli insulti e piange. E sì che Alessandra, col suo volto sfacciatamente simpatico, buffo e bambino, fa tenerezza... Si potrebbe comprenderla, fare un’eccezione. Ma il fatto, appunto, è che queste baby-star non sono eccezioni. Sono regole.

Perché il fatto, dicevamo, è che a Sanremo l’infantilizzazione è coatta. E dunque accade un po’ a tutti quel che accade nel romanzo filosofico-kafkiano di Witold Gombrowicz dove il trentenne Józio Kowalski viene condannato a un regresso nel tempo che lo riporta all’età adolescenziale. Ed ecco, se all’Ariston l’anno scorso erano tutti un po’ giù (chi depresso e chi in crisi di coppia), quest’anno sembrano tutti un po’ adolescenti.

Prendete ancora il valletto Mengoni, per esempio, fighissimo nel finto-jeans Valentino. Mengoni - come Amoroso nel fiore degli anni, e cioè in età da marito- tiene però a dirci tutto di sé. All’incirca come nostro cugino adolescente. E dunque ci parla della sua terapia e di sé stesso, della sua musica e di sé stesso, delle sue aspirazioni e di sé stesso...

«Negli anni sono stato troppo severo con me stesso - n’ata vota - e vorrei invece che al pubblico a casa arrivasse la voglia di divertirmi senza pressioni ed aspettative».

 

 

TUTTI IN CLASSE! - Ma Mengoni è bravissimo. E qui i cattivelli siamo più noi se stimiamo le sue parole – controcanto della sua musica – quale nicciano “raglio dell’io”. Io-io-io. Maestra, io! E, se nonio, me stesso! Vabbè. A proposito di maestre, comunque, in questo Sanremo post-liceale, scuola di musica per bimbi grandi, potrà mica mancare – dopo la bullizzata e il “sii te stesso” – la quota engagement con Ghali e Dargen D’Amico. Ovvero il narciso che lancia appelli come usa in assemblea d’istituto (del centro cittadino, s’intende).

Ma bisogna appunto pensarla come una classe di scuola, la nostra inarrivabile kermesse. E quindi immaginare che BigMama sia la compagna di banco chubby ma secchiona, che del suo peso ha fatto marketing sociale (impossibile non volerle bene). E bisogna pensarla così anche quando, ancora, fa capolino il fantastico trio fluo-punk: i tre di The sad. O, per dirla con Camilla Cederna, i tre pervestiti o tre allegri ragazzi (semi)morti – giacché lanciano appelli di prevenzione al suicidio. Ohibò.

LA COLONNA SONORA - Ma il vertice, di questa scuola di musica per bimbi grandi, è l’inarrivabile colonna sonora. L’insostituibile marchio di fabbrica in note. “Perché Sanremo è Sanremo”? Mannò. Il soundtrack di questo teen drama è nientemeno che Bella ciao! (Alla faccia di TeleMeloni!). Colonna sonora nonché prosecuzione di Faccetta nera in inesorabile testacoda: l’ineluttabile conformismo all’italiana. E davvero Bella ciao, in questo romanzo nazional-kafkiano – romanzo, ammettiamolo, irresistibile – altro non è che lo Zecchino d’oro per bimbi grandi. Da cantare in conferenza stampa e battere le mani. Della serie: non ho l’età.  

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