Intervista

Loredana Bertè, "per anni mi hanno detto che ero pazza"?: la risposta definitiva

Leonardo Iannacci

Nel lungo addio di Amadeus 5 c’è una ragazza di 73 anni che non vorrebbe mai smettere di cantare Pazza su quel palco che evapora magia. Perché l’Ariston è la sua vita, una trincea nella quale resistere senza mai arrendersi. Stasera Loredana Bertè chiuderà il suo 12esimo Festival con il sorriso, e questa è già una bella notizia per la rocker che non si è mai ritenuta una signora, piuttosto una donna libera, come è da 50 anni. Capelli blu e gambe ancora da mannequin, racconta che vivrà il suo sabato sera con la stessa grinta di sempre ma anche con una spruzzata di nuova dolcezza.

Loredana, cosa si porterà dietro da questo Festival?
«Con la libertà che mi fa sempre essere me stessa. Sono state tante le volte che non mi sono rispettata ma ora ho sistemato certi conti con il passato».

Pazza è la sua autobiografia autorizzata in sette note?
«Molti l’hanno interpretata in questo modo. È un po’ la mia Guernica. Ho scelto questa canzone perché diventasse di tutti e fosse il punto di partenza ma anche d’arrivo di Ribelle, l’antologia di 57 brani che raccontano la mia storia».

Con Pazza chiude una stagione in salita?
«Per anni mi hanno detto che a volte ero pazza, così ci ho fatto un brano per Sanremo firmando l’armistizio definitivo con me stessa».

 



 

È la sua canzone manifesto?
«È un brano che interpreto nella libertà di essere me stessa. Follia non fa rima con libertà?».

Tutti la ricordano come una donna che non si è mai riconosciuta nella definizione di signora. Anche oggi, nel 2024?
«Mi riconosco in quella definizione. Le donne possono e devono essere tutto quello che vogliono».

Le mode non le ha mai subite, vero?
«Ma io non seguo le mode, le faccio. Non ricorda quel pancione finto proprio su questo palco di Sanremo? Era il 1986 e mi imitò persino Madonna, ma vent’anni dopo.
Avrà visto un mio video».

Stasera potrebbe vincere qualcosa, qui al Festival. Dovendo scegliere?
«Ovviamente il premio della critica intitolato a Mimì. Quando salgo su un palco c’è sempre lei accanto a me».

 

 

Resta il mistero di come la gente l’abbia adulata e poi dimenticata...
«Il grande punto interrogativo è: come può essere arrivata nona al Festival 1989 con quel capolavoro di Almeno tu nell’universo? Inspiegabile».

Nella serata cover lei, rocker sino al midollo, ha puntato su Tenco e la sua Ragazzo mio. Un segno che la musica non ha confini?
«Desideravo raccontare ai giovani cosa cantava questo genio mezzo secolo fa».

Oggi se dovesse raccontare a un alieno chi è la Bertè, da dove partirebbe?
«Direi che è la stessa ragazza rock che si inca*** sempre se vede certe porcherie. Per esempio i femminicidi. Ero una donna libera, lo sono rimasta».

Bella vita, ragazza rock.