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La sinistra si indigna pure per Fiorello

Pietro Senaldi
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Fiorello è da decenni lo showman più bravo d’Italia. Un cocktail di umorismo, classe, professionalità e imparzialità che non ha padroni né rivali. Sul caso della censura Rai allo scrittore militante Antonio Scurati ha dedicato due sketch del suo programma mattutino su Raidue, una sorta di rassegna stampa stramba, dove non fa sconti a nessuno, neppure a se stesso, e ha tra i suoi obiettivi preferiti la tv pubblica italiana, che gli paga lo stipendio. Fiorello non è di destra, e la destra se ne è fatta una ragione, né di sinistra, e la sinistra non si dà pace che ci sia un artista che pervicacemente rifiuta di entrare nella sua scuderia. Non si sa cosa voti, ma senz’altro professionalmente è democristiano, nel senso buono del termine, specie televisivo, visto che i democristiani restano quelli che di Rai ci capiscono e la sanno meglio usare senza darlo a vedere. È specializzato nel dare un colpo al cerchio e uno alla botte, riducendo le beghe dei partiti e della politica nostrana a quel che sono: sterili liti da pollaio.

Ecco l’attacco alla sinistra, che per attaccare il governo drammatizza quanto accaduto sabato scorso a Che sarà: «Quello di Scurati è il monologo censurato più visto di tutti. Ieri eravamo al compleanno di Susanna e ce lo siamo ritrovati sul menù del ristorante dopo i secondi. Pare che il Papa lo leggerà domenica all’Angelus e Taylor Swift lo abbia inserito come quarto brano del suo nuovo album». Ed ecco l’attacco all’esecutivo, accusato comunque di avere la responsabilità morale - materiale non si saprà mai quanto - di non aver fatto tenere allo scrittore il pistolotto anti-Meloni, nel quale la accusava di non aver fatto i conti con il fascismo, malgrado la premier abbia più volte dichiarato di «essere stata presente a Fiuggi e aver fatto parte di Alleanza Nazionale quando Fini definì il regime di Mussolini il male assoluto e non esserci dissociata». Così Fiorello: «Meloni ha preso l’appuntamento dal logopedista per riuscire a dire la parola antifascista prima del 25 aprile e ha deciso di oscurare uno scrittore di destra a caso per sembrare democratica, dopo aver spostato la Bortone a La prova del cuoco, che però non c’è più, e quindi verrà spostata e basta».

 


Ora, mentre la destra si è fatta una risata, la sinistra ci è rimasta male. Nella pagina delle lettere, il quotidiano Repubblica ha inserito una missiva indignata, che parla di regime e si scaglia contro Fiorello, colpevole di aver detto di sognare di essere censurato dalla Meloni in modo che il suo pensiero diventi fatalmente universale, come accaduto a Scurati. Risponde un compiaciuto Francesco Merlo che, dopo averla correttamente definita «una repressione a comando e una violenza», bacchetta il mattatore di Viva Raidue per «aver sottovalutato la censura, così finendo così per difenderla». Insomma, per combattere la censura, meglio censurare Fiorello; non serve un grande sforzo per leggere questo messaggio tra le righe.
D’altronde il rapporto della sinistra con la censura è da sempre ambiguo. I progressisti possono dire di tutto, perfino mettere in conto alla Meloni il delitto Matteotti, come ha fatto Scurati nel famoso monologo, o darle della “bastarda”, come ha fatto Roberto Saviano a Piazza Pulita, o ancora dire che Giorgia sostiene l’Ucraina perché, essendo neonazista nell’animo, difende il battaglione Azov, come ha detto Luciano Canfora, ricalcando pensiero e parole di Vladimir Putin. Ma guai se qualcuno li tira in mezzo con battute spiritose e inoffensive. Alla sinistra è lecito insultare gli avversari, ma a nessuno è dato di ironizzare sulla sinistra, quando essa si indigna, perché quando si arrabbia è sempre nel giusto e a difesa di un’integrità morale e una visione del mondo che non è di parte ma ha diritto di assurgere a verità universale.

 

 

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