Tortora, Corsini, Boccia? Il vergognoso silenzio femminista sulle giornaliste messe alla gogna

di Daniele Priorigiovedì 12 dicembre 2024
Tortora, Corsini, Boccia? Il vergognoso silenzio femminista sulle giornaliste messe alla gogna
3' di lettura

Federica Corsini, Perla Tortora, Incoronata Boccia. Tre donne, tre giornaliste Rai in tre giorni sono finite in un autentico tritacarne mediatico colpevoli soltanto, a ben vedere, di essere professioniste, donne e mogli. 

La prima, consorte dell’ex ministro della Cultura, ha dovuto ascoltare nella puntata di domenica sera di Report la sua stessa voce “rubata” da una telefonata privata tra lei e il marito, Gennaro Sangiuliano, che ammetteva il tradimento del loro matrimonio con l’aspirante collaboratrice del ministero Maria Rosaria Boccia, fatti che, com’è noto, sono stati anche all’origine delle dimissioni dell’ex responsabile del dicastero della Cultura.

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Tutto questo nonostante una diffida alla diffusione degli audio spedita alla Rai e alla redazione della trasmissione già nella mattinata di domenica nella quale gli avvocati della coppia fanno riferimento alla conversazione «illecitamente registrata a distanza da Maria Rosaria Boccia e ancor più illecitamente consegnate» configurando quantomeno «l’ipotesi di cui all’art. 615 bis del codice penale “Interferenze illecite nella vita privata”».

Storie diverse ma furia simile verso le altre due colleghe, messe sotto attacco per via della loro carriera nell’azienda di Stato. Come pezza d’appoggio in questo caso nient’altro che pettegolezzi fatti rimbalzare ad arte su web e social negli ultimi giorni. Perla Tortora, infatti, è la caposervizio in forze alla direzione Day -Time della Rai alla quale era stato affidato il nuovo programma mattutino di RaiDue, di ormai prossima chiusura a causa dei bassi ascolti. La colpa, quindi, non sarebbe altro che della caposervizio miracolata in carriera da amicizie ai vertici dell’azienda.

Incoronata Boccia, da ultimo, vicedirettrice de Tg1, sarebbe “colpevole”, sempre secondo i gossip, di essere nelle grazie del nuovo ad Rai, Giampaolo Rossi, per questo catapultata in fretta e furia dal TgR Sardegna al ruolo apicale nel telegiornale del primo canale. Praticamente un gioco al massacro in cui gli unici bersagli restano le donne. Senza nessuna attenzione posta ai reali meriti e ai percorsi professionali delle stesse. E tutto ciò senza che, per settantadue ore, scattasse alcuna solidarietà né femminile né di categoria. Le tre reprobe, del resto, come peccato originale avrebbero quello di non essere schierate apertamente a sinistra.

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Sicché l’indignazione a sesso unico non prende forma, il gender gap non è più un problema. Unico a muoversi è stato il sindacato Unirai con il segretario, Francesco Palese che ha denunciato a gran voce i vergognosi attacchi di chiara matrice sessista al quale sono state sottoposte le tre giornaliste. A unirsi alla voce sindacale, a tutela della giornalista Corsini, il membro del cdr Tg2, Andrea Romoli che proprio con Palese ha chiesto l’intervento di AgCom e del Consiglio di disciplina dell’Ordine del Giornalisti del Lazio.

Unica voce femminile solidale a levarsi è ad oggi quella dell’associazione Giornaliste Italiane che chiede risposte «in quanto donne e in quanto giornaliste». Richiesta tuttora non avanzata da voci solitamente solerte nello scandalizzarsi quali, tra gli altri, la Federazione Nazionale della Stampa e Usigrai.

Mentre Ranucci, sempre ieri pomeriggio in diretta su RadioRai1, dopo aver ricordato le minacce di morte subite in passato da Report nel silenzio generale, è arrivato prima a sostenere che non si trattava affatto di una chiamata privata, né che gli audio fossero stati rubati, salvo poi ammettere al massimo che «si poteva discutere sulla sensibilità di mandare in onda la voce della signora Corsini ma sul valore del contenuto nessuno credo possa avere dei dubbi»

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