Lo Squalo torna dopo 50 anni: la rivelazione a sorpresa

di Daniele Priorisabato 14 giugno 2025
Lo Squalo torna dopo 50 anni: la rivelazione a sorpresa
3' di lettura

Mezzo secolo di vita al cinema per Lo squalo ed è giusto celebrarne il successo capace, da cinquant’anni, di generare terrore, quasi al livello di una psicosi, nelle menti di chi lo guarda. A suscitare qualche riflessione in più ci sono però le righe del romanzo omonimo che ha ispirato il successo cinematografico. Sarà per questa ragione che Magazzini Salani ha voluto riportare in libreria, proprio ieri, quel sostanzioso capolavoro da 20 milioni di copie e circa 350 pagine che è Lo squalo di Peter Benchley. Un’edizione ampliata, aggiornata e arricchita con materiali inediti tratti dall’archivio personale dello scrittore statunitense a partire da un lungo dibattito sul titolo che, secondo Benchley, doveva essere Jaws ovvero “Fauci”.

Contenuti extra tutti da gustare che hanno portato il nuovo tomo a varcare la soglia delle 400 pagine ma certo senza possibilità alcuna di annoiare il lettore, tanto resta vivace e attraente la vicenda umana dietro il racconto che è molto di più del “semplice” thriller diretto da Steven Spielberg. Peter Benchley ha avuto modo di spiegarlo più volte. In ultima istanza nella bella introduzione al trentennale dell’opera, caduto un anno prima della scomparsa dello scrittore, nel 2006. «Lo squalo è stato il frutto di una passione nata durante l’infanzia. Poi, nel 1971, uscì un documentario intitolato Mare blu, morte bianca. Raccontava la storia di una spedizione che aveva lo scopo di trovare e filmare un grande squalo bianco. Nello stesso anno fu pubblicato il meraviglioso libro di Peter Matthiessen sulla spedizione, Meridiano blu, e i due eventi non solo incisero (profondamente) sulla mia passione, ma misero in moto gli ingranaggi della narrazione». Una penna, quella di Benchley, abituata a attingere al calamaio della realtà.

"American Gigolo", una splendida storia "cattolica" di peccato e redenzione

AMERICAN GIGOLO Sky Cinema 2 ore 19.15. Con Richard Gere, Lauren Hutton e Hector Elizondo. Regia di Paul Schrader. Produ...

Nella stesso testo di vent’anni fa l’autore ha confessato come dentro di sé non avesse alcun interesse a scrivere una banale storia dell’orrore tipo “Squalo mangia la gente”. Così lo scrittore che, prima di firmare il best seller che avrebbe cambiato la sua vita era stato speechwriter del presidente degli Stati Uniti Lyndon Johnson, iniziò a scrivere chiedendosi proprio cosa sarebbe accaduto se un grande predatore avesse davvero assediato una comunità turistica, magari sulla popolatissima spiaggia di Long Island. «Continuamente e con una certa sicurezza garantivo a chi mi intervistava che ogni singolo fatto descritto nello Squalo (il libro, non il film) riguardo al comportamento dell’animale era effettivamente accaduto; non tutto in una volta, non per opera dello stesso esemplare, ma nel corso degli anni e in qualche mare del mondo. Mi ci sarebbero voluti anni per scoprire la verità sulla biologia e il comportamento degli squali in generale, e dei grandi squali bianchi in particolare. Ogni scoperta è stata affascinante. Una delle prime lezioni che ho imparato è stata che questi animali non solo non attaccano gli esseri umani, ma li evitano e li addentano raramente.

Non gradiscono particolarmente il nostro sapore e gli squali bianchi spesso risputano le prede umane perché troppo ossute e prive di grasso (rispetto alle foche, intendo)». Tanto da arrivare alla consapevolezza che oggi non avrebbe mai scritto Lo squalo. Non è casuale che Benchley abbia trascorso gli ultimi decenni della sua vita collaborando con sigle ambientaliste e scrivendo articoli per National Geographic, oltre ad aver pubblicato l’ultimo libro intitolato proprio Shark Trouble sui suoi numerosi incontri ravvicinati con gli squali. Merito di questa consapevolezza è anche della moglie Wendy Benchley, oggi 84enne, che nella prefazione scritta a questa edizione si definisce “l’anima politica” del marito.

Grazie a lei, dopo lo choc iniziale dovuto proprio al successo del romanzo, in nome del quale alla fine degli anni Settanta si scatenò un’ondata di caccia indiscriminata con tornei di pesca sportiva in cui i partecipanti esibivano con orgoglio squali morti come trofei, la coppia decise di iniziare a documentarsi per informare il pubblico sulla realtà della vita di quegli animali, puntando a mutare la percezione che ne aveva la gente e diventando difensori pubblici dei predatori e della conservazione degli oceani nel loro complesso. «Se Peter oggi fosse vivo, sarebbe felicissimo di vedere l’impatto indelebile che la sua opera ha avuto sulla sensibilizzazione dell’opinione pubblica e il fascino che questi animali continuano a esercitare sulla società» conclude Wendy, alla quale Peter, cinquant’anni fa, dedicò il libro che avrebbe cambiato le loro vite.

Dennis Quaid: "Sono trumpiano, volevano cancellarmi. Cosa penso di Meloni"

"Discriminato perché trumpiano". Tutto il mondo è paese, quando si parla di spettacolo: chi non ...

ti potrebbero interessare

altri articoli di Spettacoli