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Anna Mazzamauro: "Ho mollato Fantozzi per denaro"

di Gian Paolo Polesinigiovedì 20 novembre 2025
Anna Mazzamauro: "Ho mollato Fantozzi per denaro"

3' di lettura

«Guai a te se scrivi quanti anni c’ho».
Qui non lo saprà nessuno, si fidi.

Anna Mazzamauro, notoriamente una combattente, incalza: «Le giornaliste, accidenti a loro, l’età la infilano apposta nel pezzo per farsi belle e giovani con me. Hai capito? Io sono una giovane antica, sia chiaro». Anna ha appena debuttato a Roma al teatro Tor Bella Monaca (tre sold out e ovazioni) con Brava, bravissima... anche meno con la regia di Livio Galassi, un caro amico col quale ha condiviso chilometri di ruvide tavole. Ora parte il tour. A Torino, in gennaio, poi Padova, Marsala, Cerignola...

Le va se cominciamo da Anna Magnani?
«Adesso è di moda, tutte fanno la Magnani».

Lei, prima delle altre.
«Mi chiamo Anna e sono romana. Potevo non farla? A dirigermi c’era Aldo Trionfo. Mamma mia, Aldo! Mi manca da morire. Alla fine della prova mi diceva: “Va benissimo, però io farei così”. Non si può imitare la Magnani, chi lo fa è una pazza. Parlavo con lei in una magica contemporaneità. L’obiettivo era soltanto provocare il ricordo. Mai usurpare i miti, ma sempre e solo dialogare con loro».

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È l’unica donna al mondo ad aver interpretato il Cyrano de Bergerac. Diciamolo una buona volta.
«Perché non mi sono mai rifatta il naso, ecco perché. La produzione ha così risparmiato i soldi per quello finto. (Ride) Vabbè. No, ora sono seria. Scelgo i miei alter ego per l’umanità e non per il sesso. Mi riconosco in lui: sono battagliera, spadaccina e sbruffona. L’esperienza del palco ha dimostrato che dopo pochi minuti il pubblico smette di vedere il genere dell’interprete e segue il personaggio, confermando la forza scenica. Ho usato la spada come metafora della vita dell’attore. Ah, poi... se potessi trafiggerei tanti str..., scusi, tanti sciocchi colleghi. Famme tacé».

Come vorrei sapere i nomi...
«I nomi, no. Ah poi ci sono le attrici che vanno ai talk e dicono di vedere i documentari colti, ma va’ va’... Non le sopporto».

Da bambina recitava Via col vento in bagno?
«Ecco perché sono diventata un cesso... (ride)».

Ma no, dai Anna. Scendiamo di qualche anno al Carlino...
«Era un piccolo teatro del quale mi sono appropriata mandando via le signorine della notte che ci stavano dentro. Con i soldini di mio papà intravedevo la realizzazione di un’illusione. Teneva 220 persone. Decisi di scritturare Elio Pandolfi, uno forte, davvero bravo. Ma andò tutto in fumo. Me lo bruciarono».

Come??
«Con la benzina. Dei figli di buona donna agirono per questione di sporco denaro, maledette beghe fra uomini di malaffare. Fu un fattaccio brutto. Anche il Quartetto Cetra aveva accettato l’invito, pensa. E parte della fonica del gruppo finì nel rogo. Allora chiamai Felice Chiusano, quello pelato, e gli dissi: “Ti do un po’ di soldini alla volta, se per voi va bene”. Lui mi richiamò il giorno dopo: “Non preoccuparti Anna, comprendiamo la tua difficoltà, non ci devi nulla”. Non dimenticherò mai quella telefonata. Mai».

Perché lei e Paolo Villaggio non siete mai diventati amici?
«Un giorno lui mi confessò: “Io frequento solo attori ricchi e famosi”, per farmi capire che per me non c’era posto. Ci rimasi molto male. Villaggio veniva dalla mega ditta, appunto, e per questo inventò Fantozzi. Cercava riscatto frequentando le celebrità. Però una cosa la devo dire».

Prego.
«Lui mi regalò il futuro scegliendomi come signorina Silvani. E non basta. Un giorno, in camerino, durante le prove, mi stavo guardando allo specchio sentendomi una donna in attesa d’amore. Paolo mi raggiunse e con un tono dolcissimo, decisamente anomalo, mi sussurrò: “Sei bellissima”».

Con la Silvani, però, lei è diventata immortale.
«Ma è proprio a causa della Silvani che non potrò mai essere Medea sul palcoscenico. È un sogno e tale rimarrà. Mi vedi rivolgermi a Giasone e dirgli: “Lei è una merdaccia”. Però alla Silvani abbiamo finalmente trovato un nome, che non ha mai avuto: Anna».

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Partecipò a tutti i film della saga a parte due: Fantozzi contro tutti e Superfantozzi: come mai?
«Non ci accordammo sul compenso».

Lei è un’anarchica?
«Mentalmente sì, lo sono, ma sto a distanza dalla politica. Rifiuto le etichette, preferisco identità personali non categorizzate».

La considerano un’icona gay. Che mi dice?
«Forse perché sono una persona atipica che non suscita invidia. La libertà autentica concede libertà. Odio chi finge di essere etero e ironizza su frasi televisive ipocrite. Il valore sta nella verità, non nella posa sociale».

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