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Toni Capuozzo, il "miracolo" di Nicola Porro: come è andata a finire (in studio) con Federico Rampini

Claudio Brigliadori

Pelo e contropelo. Nicola Porro, a Quarta Repubblica su Rete 4, ospita due pesi massimi del giornalismo italiano come Toni Capuozzo e Federico Rampini e, pur da posizioni quasi opposte, convengono su un fatto: a quasi 100 giorni dall'inizio della guerra in Ucraina forse è lecito sollevare qualche dubbio sulla gestione americana del "dossier Kiev". «Ci stiamo avvicinando a una situazione in cui la Russia potrebbe dire 'trattiamo', l'Ucraina è a un bivio, credo che a decidere sia Washington, non Kiev».

Siamo, insomma, nel bel mezzo di quella che da tempi non sospetti l'inviato di guerra di Mediaset definisce una «guerra per procura, 'vai e combatti'». In questo senso, sottolinea, «tv e giornali non ci raccontano la verità, ma l'esatto contrario».

 

La polemica di Capuozzo è nota e insidiosa, perché senza scomodare Bucha presta il fianco anche ai più biechi complottismi. Ma la sua profezia, ancorché sconfortante, sembra assai lucida: «Gli ucraini faranno la fine degli afghani e dei curdi. Saranno usati per indebolire la Russia, poi alla fine gli unici indeboliti saremo noi, e loro abbandonati».

 

Rampini, che a differenza del collega professa una salda fiducia nell'Occidente, non può esimersi dal criticare i vuoti della Casa Bianca. La guerra «è cominciata il giorno in cui Joe Biden, alla vigilia del conflitto, disse 'non manderemo mai un soldato americano sul suolo ucraino' e così semmai ha dato campo libero a Vladimir Putin». Campo libero diventato prateria grazie alle incertezze europee su armi ed embargo di gas e petrolio. «L'Italia sta finanziando la guerra di Putin continuando a comprargli il gas», ricorda ancora l'inviato del Corriere della Sera. Refrain difficilmente contestabile e che va avanti, senza variazioni, da settimane. E alla fine a Porro riesce il miracolo: far fornire ai suoi ospiti due visioni opposte, ma con la medesima (convincente) conclusione.