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Corrado Augias, il racconto sdegnato a Cazzullo sorseggiando un infuso di passiflora

Leporello
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«Nessuno mi ha cacciato, ma nessuno mi ha trattenuto» racconta sdegnato Corrado Augias ad Aldo Cazzullo sorseggiando un infuso di passiflora che ne lenisce i bruciori; «Questo governo incompetente mi ha spinto via» scrive poi egli stesso medesimo motivando la ragione dell’addio; «Voglio lavorare in posti e con persone che mi piacciono. E questa Rai non mi piace» sentenzia, infine, deciso.

Ovvio che una indispensabilità siffatta, uno che ha persino indagato su Gesù negandone la divinità, non ci pensi alla pensione. Così a 88 anni suonati e dopo appena 63 di permanenza retribuita, eccolo planare tra le inclusive e accoglienti braccia delle fattucchiere nostre, i giornali di John Elkann e Carlo De Benedetti dov’è già di casa e la tivù di Urbano Cairo che se ne fa carico.

Lui è già pronto, prontissimo a continuare a parlare di se, a complimentare se stesso, fingendo di farlo dei suoi ospiti, cercando sempre la postura, il profilo, la luce giusta. Né più né meno del Michele di quell’altro vanesio di Nanni Moretti in Ecce Bombo o, forse, come ogni mediocre pieno di se che, per dirla con Leo Longanesi, trae la sua forza «nel rendere indispensabile la sua nullità».

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