Cerca
Logo
Cerca
+

Luciano Moggi: dopo 12 anni di faide e veleni, ecco cosa resta della Serie A

Andrea Tempestini
  • a
  • a
  • a

Era sabato 2 aprile 2005 e nella ventosa serata di quel giorno ci lasciava Papa Wojtyla. L'Italia e il mondo piangevano la grande perdita dell'amato pontefice. Il calcio non poteva onorarlo in altro modo che fermarsi. In tanti lo fecero con la mente rivolta al Santo Padre, lontano il pensiero che qualcuno potesse approfittarne. Appena il giorno prima, l'Assemblea della Lega Calcio aveva deciso di limitare le spese poiché il movimento era in crisi. Le squadre che in quella giornata di campionato dovevano giocare in trasferta erano già arrivate a destinazione, la mia Juve era a Firenze. Mi raggiunse telefonicamente il Ministro dell'Interno di allora ma solo per sentire cosa ne pensassi di una eventuale sospensione, non avendo lui alcun potere decisionale in merito. Gli risposi che era meglio rimandare tutto al lunedì seguente, proprio per evitare nuovi viaggi e nuove spese, come appunto stabilito in assemblea. La giornata fu rinviata, però tutti tornarono a casa per ordine del presidente della Lega, con il recupero fissato qualche settimana dopo. Leggi anche: Moggi, il calcio rischia di diventare come il pugilato BELL'OMAGGIO... Ovviamente non furono sollevate obiezioni, visto che si trattava di un omaggio a Wojtyla. Purtroppo un'intercettazione telefonica, uscita poco dopo, smascherò l'opportunismo di quello che doveva essere un nobile gesto di reverenza. L'intercettazione riguardava proprio il presidente di Lega ed era diretta al signor Meani, dirigente addetto agli arbitri del Milan: «(...) Quei figli di p... di Moggi e Capello volevano recuperare la partita il giorno dopo (lunedì, ndr) ma io nella mia qualità di presidente l'ho spostata di una settimana... così potremo recuperare Kakà, infortunato, per la trasferta di Siena». Parole del presidente di Lega, a quel tempo anche vicepresidente esecutivo del Milan. Raccontiamo questo episodio perché fa parte dell'esercizio di potere esercitato nel calcio di quel tempo, di riunioni tra fazioni di dirigenti contrapposte, ognuna per tentare di far eleggere il proprio candidato per poi goderne i benefici. È cosi che fu distrutto il calcio nel 2006, con l'invenzione di Calciopoli, proprio nell'anno in cui la Nazionale, composta in gran parte da juventini, allenatore e massaggiatore compresi, vinse il Mondiale. E da quel momento il calcio italiano non si è più rialzato, fino al clamoroso epilogo con la Svezia. Calciopoli aveva però raggiunto il suo scopo: eliminare la squadra guida (la Juve) e i suoi dirigenti che fino a quel momento avevano tenuto alta l'immagine del movimento. I risultati parlano. Pure il presidente del Coni non trovò di meglio che associarsi ai più per condannare i pochi “indifesi e derisi” nominando commissario Figc l'avvocato Guido Rossi che cambiò commissioni, tempi e leggi pur di raggiungere lo scopo. Di quale estrazione fosse Rossi l'hanno capito tutti: dopo però, mentre in pochi lo sapevano prima dell'incarico. SENTENZE CHIARE Il tutto nonostante che il processo sportivo avesse sentenziato «campionato regolare, nessuna partita alterata», tanto che il professor Serio, uno dei giudici nel processo sportivo, leggendone il dispositivo dichiarò: «Abbiamo seguito il sentimento popolare» (come ai tempi delle streghe). E questo sentimento era opera dei media, ce lo racconta in un libro il vicedirettore de La Stampa di allora. Purtroppo nel nostro strano Paese chi si mette in evidenza deve essere tagliato, meglio la mediocrità generale che in pochi, anche se bravi, al comando. Un grande politico disse: «Il potere logora chi non ce l'ha». Accettabile come battuta se il logorio non genera odio; quando invece «muoia Sansone con tutti i Filistei» diventa il motto dei più, è allora che si rompe qualsiasi giocattolo. È quel che è successo al calcio nel dopo 2006. Questo in sintesi il motivo per cui, fino a qualche giorno fa, né Lega né Figc erano riuscite a darsi un capo: le lotte intestine lo hanno impedito perché il business è grande e gli interessi non coincidono. In tanti dovrebbero vergognarsi. La giornata mette Napoli e Juve di fronte ad impegni possibili: non dovrebbe cambiare nulla. Più accesa la lotta Champions, specialmente tra Inter (penosa anche ieri) e Roma mentre la Lazio, impegnata con il Genoa, dovrebbe proseguire nella sua corsa mantenendo il 3° posto. di Luciano Moggi

Dai blog