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Moise Kean, la Juventus e il Psg. Lo strano caso del bomber azzurro: tutti lo applaudono, nessuno se lo tiene

Claudio Savelli

Moise Kean sta diventando quel che ci si aspettava diventasse - l'attaccante italiano di riferimento per il prossimo decennio - eppure non fa notizia. Il motivo? Ci sta riuscendo lontano dal campionato italiano, dove tutto sfugge un po' di mano e pare poco degno di nota. Per paradosso, Kean sta rispettando le attese nel Psg degli "italiani", al fianco di Verratti e Florenzi ma anche e soprattutto di Leonardo, che italiano di fatto lo è diventato e che a Parigi lo ha portato, annusando la scontentezza dell'Everton. (Getty) Anche in Premier, quindi, sono alle volte precipitosi nei giudizi. Un'annata nella penombra era da mettere in conto per un attaccante allora 19enne, reduce da due sole stagioni ai massimi livelli di cui nessuna da titolare (né alla Juve né al Verona), catapultato all'estero in un campionato diverso come la Premier con 27,5 milioni di euro sulle spalle (tanto lo ha pagato l'Everton alla Juventus) e il dovere di sdebitarsi con Carlo Ancelotti. Non era in conto semmai un ripensamento così netto del tecnico e del club che si sono spesi per acquistarlo. La notizia, infatti, è che di fronte all'esplosione di Kean, evidente non solo nei numeri (18 reti in 37 presenze stagionali, tra cui 12 gol in 22 apparizioni in Ligue 1 e 3 in 8 di Champions) ma anche nella solidità delle prestazioni, l'Everton non sia entusiasta di riprendersi il suo campioncino e il Psg non abbia già intavolato una trattativa per il riscatto. I Toffees preferiscono lucrare sul lavoro "sporco" di Pochettino, infatti chiedono 52 milioni per il cartellino di Kean, quasi il doppio dei 27,5 milioni versati alla Juventus ormai due stagioni fa. Ancelotti ha dato il via libera alla cessione e intanto afferma che «se il Psg lo vuole, deve aprire una trattativa» e che l'Everton «è aperto» a questa ipotesi: per la serie, battiamo il ferro, ora che è caldo. La pretendente, al netto del Psg, è colei che lo aveva sbolognato: la Juve. Quella bianconera è un'ammissione di colpa e al tempo stesso l'inizio di una redenzione: il club che ha fondato il ciclo vincente sul blocco italiano in rosa e che ora, con ogni probabilità, vedrà spezzarsi questo ciclo perché ha perso la rappresentanza tricolore, vuole ripartire dai giovani azzurri. Quindi, oltre a Locatelli, nella lista c'è Kean nonostante il sovrapprezzo. D'altronde l'incapacità di attendere e valorizzare i talenti nostrani, salvo poi invidiare quelli altrui, prima o poi presenta il conto. Ne ha pagato le conseguenze anche lo stesso Kean, la cui carriera finora si è sviluppata su un binario invertito: partita dall'apice (ecco il nuovo grande talento del calcio azzurro), ha rapidamente toccato il fondo (è il "nuovo Balotelli") nell'arco di due sole stagioni. Ora che Moise sta risalendo la china, affiancando Mbappé nella cavalcata del Psg in Champions, i club cominciano a domandarsi se non è il caso di crederci, di riportarlo alla base, pur senza troppa convinzione, forse perché le etichette sono difficili da scollare e gli errori ancora più difficili da ammettere.